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Così scatta l’Opa saudita sul calcio

15 agosto 2023

Sergej Milinković-Savić, 28 anni, eletto miglior centrocampista della Serie A nella stagione 2018-2019, e tra i migliori tre anche nell’ultimo anno. Il classico profilo da top player che si dava per destinato a uno dei migliori club europei. Da luglio è invece un nuovo giocatore dell’Al-Hilal, terza classificata nella Saudi Pro League 2022-2023, che lo ha acquistato dalla Lazio per 40 milioni di euro.

Come Milinković-Savić sono molti i giocatori che dall’Europa si stanno trasferendo nelle squadre saudite che hanno speso nell’attuale finestra di calciomercato più di 500 milioni di euro: una cifra più alta di quella del campionato spagnolo.

Dove non c’è competizione con il campionato saudita è sui salari: Cristiano Ronaldo guadagna 71 milioni di euro netti all’anno per giocare nell’Al-Nassr, che diventano 200 milioni includendo gli introiti legati a diritti di immagine e altri benefit contrattuali. Lo stipendio base dell’attuale detentore del pallone d’oro Karim Benzema, nuovo giocatore dell’Al-Ittihād, ammonta a 100 milioni di euro. A confronto, Paul Pogba, calciatore della Juventus, con lo stipendio netto più alto in Italia, guadagna 8 milioni di euro.

Non è la prima volta che il calcio europeo si trova a competere con le cifre fuori mercato offerte da campionati emergenti. Era già successo con la Super League cinese che tra il 2015 e il 2016 acquistò alcuni giocatori di punta come Oscar e Hulk. Un esperimento a cui la stretta del Partito Comunista cinese agli investimenti nel calcio ha posto però fine nel giro di pochi anni.

L’obiettivo del campionato saudita di diventare uno dei top 10 al mondo entro il 2030 sembra poter aver maggiore successo rispetto al tentativo cinese, grazie al sostegno finanziario del fondo sovrano saudita da più di 600 miliardi di euro, che a giugno ha rilevato quattro delle principali squadre del campionato nazionale. Possono così permettersi spese per cartellini e monte ingaggi da capogiro pur avendo entrate dal calciomercato che, dal 2018, sono ammontate a meno di 100 milioni di euro contro i quasi 5000 milioni della Serie A.

Mentre le principali leghe europee, ad eccezione della Premier League inglese, cercano di coprire le loro uscite in sede di mercato con vendite di ugual o maggior entità, il campionato saudita ha saldi (entrate – spese) costantemente negativi.

Dietro l’eccezionalità della Premier League c’è anche lo zampino del fondo sovrano saudita che, nel 2021, ha comprato il Newcastle. E non si può non citare la ricca proprietà emiratina del Manchester City. Tuttavia, non si può negare come il campionato inglese sia stato il più capace di interpretare e guidare la crescita economica dell’industria del pallone negli ultimi 30 anni.

di Marco Bellinazzo

Mentre il Manchester City emiratino ha appena vinto la Champions league, dopo essere diventato il club di calcio con i ricavi più elevati, e il Psg qatariota tenta l’ennesimo rilancio per emularlo, nelle ultime settimane è stata l’Arabia Saudita a sconvolgere le regole di quella che un tempo si definiva “campagna trasferimenti” e che oggi assomiglia sempre più a una campagna di conquista.

Il calciomercato estivo 2023 passerà alla storia come quello dell’Arabian Football. Calciatori di grido, in piena attività e non solo quelli sulla via del tramonto, da Cristiano Ronaldo a Benzema, sono stati attirati dalle squadre della Saudi Professional League, fino all’altro ieri oltre il cinquantesimo posto nel ranking dei tornei nazionali, con ingaggi da centinaia di milioni, del tutto sproporzionati rispetto ai livelli attuali delle Leghe europee, inclusa la ricchissima Premier league.

Giocatori in Top10
del Pallone d'oro

Numero di giocatori per campionato, valore cumulato
Nota: per giocatori che hanno cambiato campionato nel corso dell'anno si conteggia la squadra dove hanno giocato più mesi nell'anno relativo al posizionamento in TOp10 - Fonte: France Football
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L’Arabian Football

Un mese fa i quattro principali team sauditi - Al-Hilal, Al-Nassr, Al-Ittihad e Al Ahli – sono diventati anche formalmente di proprietà del fondo sovrano Pif, già padrone del Newcastle in Inghilterra, che ne ha rilevato il 75 per cento. Proprio il Public Investment Fund (oltre 600 miliardi di asset gestiti) è lo strumento finanziario con cui Riad ha compiuto l’Opa sul golf mondiale e sta tentando di mettere le mani sul tennis e la Formula 1.

Il calcio con la sua piattaforma di intrattenimento globale che coinvolge cinque miliardi di persone è infatti il fronte più caldo del processo di affermazione della nuova identità saudita e panaraba.

Ricavi sui diritti TV

Dati in milioni di euro
Fonte: Deloitte & CF

Da un lato, cioè, Riad costruendo un ruolo di supremazia nel settore dell’entertainment (investimenti notevoli sono stati fatti anche nel comparto degli eSport e del gaming), della cultura e dello sport mira a ergersi come un soggetto sempre più autonomo delle alleanze regionali e non solo, con un occhio di riguardo alla Russia e alla Cina, più che all’Occidente; dall’altro lato, accogliendo parzialmente la parte più glamour della vita occidentale (quella che i giovani arabi sognano attraverso i propri device e iphone), il principe ereditario e capo del governo Moḥammad bin Salmān (Mbs) punta a sancire un nuovo patto generazionale, che in cambio di parziali libertà consolidi il regno e scongiuri l’instabilità di nuove primavere.

Se questa è la posta in gioco, c’è poco da sorprendersi dell’entità dei soldi messi sul piatto delle trattative e soprattutto non c’è da illudersi che si tratti di un fuoco di paglia.

Se l’obiettivo “sportivo” dichiarato è quello di rendere più competitiva la Saudi League e ospitare una delle prossime edizioni della Coppa del mondo (Il Sole 24 Ore ha raccontato lo scorso 8 febbraio i retroscena del tentativo, poi sfumato, di coinvolgere l’Italia in una candidatura multipla), i traguardi più a lungo termine potrebbe essere ancora più ambiziosi: dalla creazione di una Lega araba che abbracci l’Area Mena all’organizzazione di una sorta di Superlega globale, sulla scia del nuovo mondiale del club a 32 promosso dalla Fifa a partite dal 2025.

Se l’effetto immediato di questa avanzata è quella di riempire le casse del club europei, sono altrettanto chiari però i pericoli connessi a un depauperamento del sistema calcistico del Vecchio Continente, privato dei suoi giocatori più iconici e messo alle strette dall’inflazione dei prezzi (cavalcata mano a dirlo dai procuratori).

Proprietà degli stadi
per campionato

Quota (%) sul totale dei posti a sedere negli stadi della stagione 2022/2023
PROPRIETà
      PUBBLICA
PROPRIETà
      PRIVATA
PROPRIETà
      MISTA
Nota: tra gli stadi di proprietà pubblica è incluso anche l'Olimpico di Roma di proprietà del CONI - Fonte: Palco23
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I guai della ricca Premier

La stessa Premier League che dal 1992 è diventata la lega calcistica di riferimento sta vivendo una crisi di identità. Dopo l’acquisizione del Bournemouth da parte dell'uomo d'affari statunitense Bill Foley lo scorso dicembre per 150 milioni di dollari, la Premier annovera dieci team - Arsenal, Aston Villa, Burnley, Chelsea, Crystal Palace, Fulham, Liverpool, Manchester United e Manchester City – interamente o parzialmente di proprietà di investitori statunitensi. E solo Brentford, Brighton e Hove Albion, Tottenham Hotspur e il neopromosso Luton Town hanno proprietari inglesi.

Il calcio del Regno Unito, d’altro canto, è attraversato da problemi di equilibrio finanziario acuiti dalla pandemia. Problemi economici che si riverberano soprattutto sulle categorie inferiori. L’agguerrita concorrenza interna in Premier per accedere alla Champions ovvero per salire nella prima divisione ha portato a una crescita sproporzionata delle commissioni di trasferimento e degli stipendi. Questi ultimi, come si evince dai dati qui riportati, nel 2022 hanno superato in Premier i 4 miliardi contro i 2,3 della Liga spagnola e i circa 2 pagati dai club di Serie A.

Monte ingaggi
per campionato

Milioni di euro di costo dei salari
Fonte: Deloitte

Secondo i dati dell'Alliance Fund pubblicati nell'aprile 2023, inoltre, il debito netto totale di tutte le squadre della Premier League è stato di 4,1 miliardi di sterline britanniche (5,2 miliardi di dollari) nel 2021, rispetto ai 3,9 miliardi di sterline britanniche (4,9 miliardi di dollari) dell'anno precedente. Anche il saldo tra liquidità netta e indebitamento bancario per i club è sceso a 612 milioni di sterline britanniche (773 milioni di dollari) nel 2021, dopo essersi attestato a 212 milioni di sterline britanniche (268 milioni di dollari) nel 2019.

“La sopravvivenza all'interno della Premier League è diventata un'impresa sempre più costosa per le squadre della massima serie e come se il costo per rimanere competitivi non fosse già abbastanza alto, molti stanno ancora lottando per superare la grave buca finanziaria che ha visto quasi svanire i ricavi delle partite durante tutta la pandemia", ha dichiarato ad aprile Iain Crawford, amministratore delegato dell'Alliance Fund. "Ciò ha portato a un'eccessiva dipendenza dai prestiti bancari, con il saldo tra liquidità netta e indebitamento bancario che è scivolato in rosso dal 2020, mentre anche il costo del servizio di questi prestiti è aumentato".

Linea di centrocampo

Secondo la società di servizi finanziari LCP, due terzi dei club sono in perdita, con quelli in rosso che hanno accumulato perdite per 1,2 miliardi di sterline nel Regno Unito (1,6 miliardi di dollari) durante il 2021/2022. Le squadre devono anche 2,6 miliardi di sterline britanniche (3,4 miliardi di dollari) ai loro proprietari.

Calciomercato, i trasferimenti più importanti

Alcuni degli acquisti record che hanno segnato la storia del calcio dagli anni Settanta ad oggi selezionati attraverso criteri di prezzo, rilevanza, ruolo e nazionalità
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La posizione dell’Unione europea

L’Unione europea è chiamata a una riflessione cruciale in queste settimane. La Corte di Giustizia dovrà pronunciarsi sulla vicenda della Superlega e in particolare sulla compatibilità del monopolio di Fifa e Uefa sulle competizioni internazionali. Anche perché le istituzioni calcistiche, organismi privati con sede in Svizzera, stanno assecondando per i loro specifici interessi questi processi di globalizzazione che rischiano di impoverire il calcio europeo: la Uefa appoggiandosi al Qatar e la Fifa sponsorizzando l’ascesa dell’Arabia e quella degli Stati Uniti, dove si disputeranno i prossimi mondiali per club, nel 2025, e per nazionali, nel 2026.

Delta tra il coefficiente UEFA dei primi campionati europei rispetto alla Serie A

I coefficienti per club delle federazioni si basano sui risultati dei club di ciascuna federazione nelle cinque precedenti stagioni di UEFA Champions League, UEFA Europa League e dal 2021 in UEFA Europa Conference League.
LALIGA
PREMIER LEAGUE
BUNDESLIGA
LIGUE1
Fonte: UEFA

In particolare, il calcio del Vecchio continente appare sempre più il vaso di coccio tra la forza della Premier League post Brexit e la pressione delle potenze emergenti. Scartata qualsiasi ipotesi protezionistica, solo una nuova competizione dell’Unione europea che metta insieme i brand storici del calcio potrebbe forse assicurare quegli incrementi di ricavi indispensabili per dare un futuro al calcio e ai valori delle democrazie continentali (a patto di redistribuirli più equamente all’intera filiera).

Presenze allo stadio
per campionato

Media per partita in un dato anno
Fonte: European Football Statistics

Si potrebbe immaginare, ad esempio un torneo con 24 squadre divise in due gironi da 12 e con play-off che coinvolgano le migliori 8 delle due divisioni, fino all’atto conclusivo che assegni il titolo di campione dell’Unione europea. Le 4 migliori squadre di Italia, Francia, Spagna e Germania, più le 8 squadre migliori provenienti da Portogallo, Olanda, Belgio, Grecia, Polonia, Scandinavia, Repubbliche baltiche e gli altri paesi dell’Est Europa.

Ma quanto potrebbe valere un campionato europeo che superi progressivamente i campionati nazionali? Difficile dirlo senza un accurato business plan. Sta di fatto che la prossima Champions League a 36 squadre (con 8 partite nei giorni e una formula molto articolata) porterà ad un incremento delle entrate totali da 3,2 a circa 5 miliardi. Un aumento consistente ma che in futuro senza più grandi campioni in Europa e senza interventi di tutela potrebbe ridursi in maniera altrettanto rilevante.

Ricavi per campionato

Dati in milioni di euro
Fonte: Deloitte

Valore calciomercato
per campionato

Milioni di euro di entrate, spese e saldo delle sessioni di mercato (estiva e invernale) di un dato anno
Nota: l'anno indicato è quello di inizio della stagione, ad esempio con 2018 si intende la stagione 2018/2019 - Fonte: Deloitte
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