Nel grafico sotto, i produttori e le quote di mercato negli anni. Puntando i singoli anni, si vedono le quote percentuali e le vendite. Scegliendo invece i produttori, o dal menu o dal grafico, si vedono le fasi storiche più significative e i modelli iconici. Le fonti per i dati sono Gartner, produttori e Wikipedia.
Marty Cooper oggi ha 90 anni. Ne aveva 46 di meno il 3 aprile 1973, quando – ingegnere di Motorola - fece la prima telefonata con un cellulare della storia. Dall’altro capo del telefono Joel S. Engel, suo rivale nei Bell Labs al lavoro sulla stessa tecnologia. Una specie di sfottò ma soprattutto la condivisione di un momento storico per la comunicazione globale. Quella rivoluzione divenne innovazione vera quando incontrò il mercato.
Una decina di anni dopo il DynaTAC di Motorola fu il primo cellulare in vendita. Costava circa 4mila dollari. Gli spot dell’epoca sono un pezzo di storia. Quello di Motorola ha in sé le premesse del cambiamento che stava per arrivare. Quello di Centel, azienda di tlc americana che fu acquisita nel 1993 da Sprint, racconta una giornata di una famiglia ricca tra spider, barca e… telefono cellulare.
La storia dei cellulari è affascinante presa da ogni punto di vista. Nella timeline sopra, raccontiamo che cosa è successo negli equilibri tra i protagonisti dell’industria dal 2001 a oggi. All’inizio si trovano aziende che chi ha oggi meno di trent’anni nemmeno sa che un tempo facessero telefoni. Per gli altri la loro evocazione ha un effetto nostalgico. Ad esempio la tedesca Siemens, che pure nel 2001 era stata la prima a mettere un lettore mp3 sul cellulare. Fu poi venuta ai taiwanesi di BenQ, ma finì male. Per non parlare di Nokia. Motorola. Ericsson. Non si contano le fusioni avvenute negli anni, le joint venture. La svolta arriva nel 2007, quando Apple decide di entrare nel mercato degli smartphone.
All’epoca i ceo delle principali aziende di telefonia ostentavano tranquillità. Per Nokia fu un disastro. Lo fu per BlackBerry. Motorola. Sony si alleò con Ericsson per far fronte al nuovo contesto. Nokia con Microsoft. Un altro anno piuttosto emblematico, come si vede dal grafico, è il 2011. Samsung supera Nokia come primo produttore al mondo di cellulari/smartphone. L’azienda coreana non sbaglia un colpo. Diventa l’azienda numero 1 con sistema operativo Android.
Per alcuni anni è una lotta a due con Apple, non tanto sulle quote di mercato – Samsung vende molti più modelli di telefoni, anche a prezzi più bassi – ma sull’innovazione. Steve Jobs non accettò mai la rapidità con cui Samsung fu capace di arrivare al vertice del mercato e nel 2011 fu celebre la causa contro i coreani per aver copiato il design dell’iPhone. Jobs morì lo stesso anno. Dopo sette anni di battaglie legali, a maggio 2018 le aziende hanno trovato un accordo extra-giudiziale. Un effetto non considerato di quella causa, soprattutto nel biennio successivo al 2011, fu quello di accreditare ancora di più Samsung come unico competitor di Apple nell’opinione pubblica. I coreani iniziarono a fare spot smontando in maniera ironica la “cultura” Apple, come quella del 2012 dove una serie di persone in fila in attesa di comprare il nuovo iPhone vengono affiancate da possessori di Samsung. Vedono i loro smartphone, vengono attratti e mollano la fila come segno di libertà.
Il duopolio di fatto finirà nel 2015, quando Huawei da sesta passerà a terza nel mercato mondiale. Ha un ritmo di crescita impressionante e la sua percezione passa rapidamente, anche nei Paesi occidentali, da brand cheap a brand di qualità e alta tecnologia. Nel 2017 lancia il primo chip dedicato all’intelligenza artificiale su uno smartphone, qualche giorno prima dell’A11 di Apple su iPhoneX e iPhone 8 (anch’esso dedicato all’AI). Il 2015 è un anno importante anche per altre ragioni. Nella top 5 mondiale di Gartner entra Xiaomi. Ora inizia a essere conosciuta anche in Italia per i suoi smartphone e persino monopattini elettrici. Fondata nel 2010, l'azienda produce smartphone, tablet e smartwatch, ma anche robot per la pulizia domestica, auricolari Bluetooth, zaini e router Wi-Fi. La fondazione della società fu possibile grazie a Jeff Bezos, che con 75milioni di dollari acquistò la piattaforma di eCommerce cinese Joyo, di proprietà di Lei Jun. Con quei soldi Lei Jun fonda la startup Xiaomi, un nome che proviene da un cereale molto diffuso in Cina.
Oggi è una storia di successo planetaria, ha aperto anche store fisici in Europa, Italia compresa. È la numero 4 al mondo. Seguita da Oppo e Vivo: anch’essi cinesi, sono brand controllati da BBK al pari di OnePlus. In meno di vent’anni la geografia dello smartphone è radicalmente cambiata. Tra i primi 5 produttori al mondo 3 sono cinesi e sfidano Samsung e Apple. Non c’è un produttore europeo, per quando Nokia abbia intrapreso contro ogni previsione una seconda, anzi terza vita da quando il marchio è gestito da Hdm Global, azienda finlandese messa in piedi da ex manager di Nokia. Secondo i dati di Counterpoint è numero 9 al mondo, dopo Lenovo con una crescita del 126% in un anno.
E ora? il 2018 è stato un anno chiave: per la prima volta le vendite di smartphone secondo Gartner hanno avuto un rallentamento. Quei dati, che fecero molto parlare un anno fa, si riferivano al 2017. Quelli riferiti al 2018 per intero mostrano una lieve crescita (+1,2%), ma il quarto trimestre (+0,1%) conferma lo stallo. Considerando tutto il mercato mobile, e quindi anche i cosiddetti feature phone, si registra un calo dell’1,6%. Che cosa sta succedendo? Qualcosa di piuttosto intuitivo per la verità: la cavalcata poderosa si è interrotta perché il mercato è diventato maturo. Nei Paesi in via di sviluppo la crescita prosegue ma non arriverà a tassi di penetrazione come quelli conosciuti dai mercati maturi. In quest’ultimi, il mercato è saturo e l’innovazione sempre meno percepibile. Lo smartphone resta al centro dell’ecosistema digitale, anche ora che a comporlo ci sono smart speaker, wearable e in prospettiva sempre più oggetti connessi. Ma il consumatore ha meno ragioni per cambiarlo. E così il suo ciclo di vita si allunga.
Le conseguenze si sono viste innanzitutto nei risultati finanziari di Apple e Samsung. La corsa dell’iPhone si è fermata. Al punto che l’azienda guidata da Tim Cook punta sui servizi: ovvero sulla monetizzazione di tutto quello che avviene dentro lo smartphone, dalla vendita di app ai film, presto a video in streaming e alle news. Samsung negli ultimi anni ha fatto soldi soprattutto nelle vendita di chip, anche se sul prodotto si è fatta notare per il lancio del Galaxy Fold, smartphone pieghevole in vendita da maggio a 2000 euro. Il “form factor” è un trend del 2019. Insieme al 5G, con i primi telefoni compatibili. Che significa abbondanza di dati e intelligenza. Una nuova rete che vedrà le sue applicazioni su auto che si guidano da sole, sanità, industria, città intelligenti. Difficilmente spingeranno le vendite. I prossimi anni potrebbero comunque essere piuttosto interessanti, immaginando lo sviluppo delle forme e l’evoluzione dei servizi.
Visti oggi i primi cellulari fanno sorridere. Grossi, pesanti e basici nelle funzioni. Se quello degli smartphone pieghevoli, allungabili, insomma telefoni capaci di diventare tablet si dovesse rivelare un trend, grazie anche al lavoro degli sviluppatori, tra qualche anno potremmo trovarci tra le mani un solo oggetto capace di fare ancora meglio quello che fa oggi consentendo di usufruire di contenuti video e altro scegliendo di volta in volta la dimensione dello schermo. Con servizi cloud più veloci, senza latenza, agganciati a sempre più ambiti della nostra quotidianità: dal sanitario al pubblico. Il mercato cambierà, le vendite probabilmente non conosceranno la corsa degli anni precedenti. Il rapporto con il nostro telefono potrebbe conoscere una riflessione profonda, pubblica, della quale oggi si vedono solo degli esempi sporadici in ambiti elitari: nella Silicon Valley i dirigenti delle big tech curiosamente tengono i propri figli al riparo dalla tecnologia in tenera età. Lo smartphone, insomma, è tutt’altro che morto. Altrimenti dove avreste letto questo articolo?