Le ragioni della crescita e i nomi da ricordare
Dietro al mondo cripto c'è una infrastruttura tecnologica particolare: la blockchain
Dal punto di vista della fiscalità le criptovalute sono considerate valuta estera
È il miliardario numero uno del mondo cripto, il 19° nella classifica globale di Forbes, in cui peraltro ha in programma di investire.
“CZ”, com’è noto per semplicità, è il fondatore e Ceo di Binance, il più grosso exchange globale per criptovalute (non al riparo dalle polemiche sulla scarsa trasparenza legata alla sede legale e alla proprietà, che nel 2021 ha coperto circa i due terzi delle transazioni mondiali di piattaforme centralizzate, con un fatturato intorno ai 16 miliardi di dollari. Forbes ha stimato che possieda circa il 70% del capitale di Binance, valutandone il patrimonio in 65 miliardi di dollari. Per Bloomberg il suo patrimonio sarebbe superiore ai 100 miliardi e CZ potrebbe anche essere l’uomo più ricco del mondo.
Il tutto senza contare il suo gruzzoletto di bitcoin e di Bnb, i token nativi di Binance, entrata ormai stabilmente tra le prime cinque valute per capitalizzazione.
L’imprenditore guascone diventato l’uomo più ricco del mondo con le sfide impossibili, da quella al mondo dell’auto allo spazio, ha trovato nel mondo delle criptovalute un universo che si coniuga perfettamente con la sua determinazione nel rompere paradigmi costituiti. Elon Musk si è trasformato così nell’influencer imprevedibile del bitcoin, e non solo.
È stata la scelta della sua Tesla di investire la sua liquidità in bitcoin e di accettarlo per l’acquisto delle sue iconiche auto elettriche a far volare le quotazioni al picco sopra quota 65mila dollari nell’agosto 2022.
Ma è stato capace di far volare una criptovaluta sconosciuta, il Dogecoin, una parodia del cane di razza shina ibu che Musk ha detto di voler portare sulla Luna. Risultato: le quotazioni sono volare con percentuali di rialzo inimmaginabili.
A 17 anni ha iniziato a occuparsi di bitcoin, poi due anni dopo ha creato, insieme ad altri quattro informatici, Ethereum, destinata a diventare la seconda criptovaluta per valore (che in realtà è ether). L’idea era nata dalle debolezze che lo stesso Vitalik Buterin, russo emigrato in Canda a sei anni, aveva individuato nel sistema di bitcoin: pur riconoscendo il valore del protocollo inventato da Satoshi, riteneva che non permettesse lo sviluppo di applicazioni sulla sua blockchain.
Così mise mano a una piattaforma definita come “una rete di mining decentralizzata e una piattaforma di sviluppo confluite insieme”. Di fatto Ethereum è una piattaforma software per lo sviluppo di applicazioni, in particolare di smart contract. Che ha avuto successo proprio per la possibilità di sviluppare applicazioni su blockchain. E che ora sfida bitcoin anche in fatto di sostenibilità con l’azzeramento del consumo energetico. Sempre che il sistema si confermi sicuro.
Se fosse una persona sola figurerebbe senz’altro tra i miliardari a livello globale, in una posizione variante tra il 15° e il 30° posto, a seconda delle oscillazioni di bitcoin.
Satoshi Nakamoto è infatti avvolto nel mistero, non si sa neppure se sia un individuo o un gruppo di persone. Dietro quello pseudonimo si nasconde l’inventore di bitcoin. È stato lui (o loro) a pubblicare nell’ottobre 2008 il white paper che dettava i principi alla base della rete peer-to-peer del bitcoin e nel gennaio successivo a rilasciare il “genesis block”, il primo blocco della blockchain della criptovalute.
Con il famoso titolo del Times legato al salvataggio delle banche, lanciando implicitamente la sfida al sistema finanziario globale traballante sotto i colpi della crisi. Si sa solo che si è tenuto un discreto gruzzolo di bitcoin, tra 750mila e 1,1 milioni di unità. Nel 2011 è sparito dicendo di essersi dedicato ad altri progetti.
I percorsi del co-fondatore di Twitter si incrociano per molti versi con Elon Musk. Dal social network dei cinguettii se n’è andato sbattendo la porta a fine 2021, osteggiato dai fondi e dagli altri azionisti, per dedicarsi all’altra sua creatura: Square, la società nata dal cubo che diventava un lettore di carte di credito per smartphone, diventato poi uno degli attori del mondo dei pagamenti.
Ma Dorsey sembra candidarsi a uno dei “leader spirituali” del mondo cripto. Come Zuckerberg ha cambiato nome alla sua Facebook trasformandola in meta, così Dorsey ha ribattezzato Square come Block, facendola virare verso la blockchain e il criptomondo.
E come Musk è diventato “technoking” di Tesla, così lui si è trasformato da Ceo a “head” di Block, mantenendo peraltro invariato il ruolo. E non è detto che Elon e Jack tornino a incrociarsi in Twitter
I gemelloni sono balzati agli onori delle cronache come gli antagonisti di Mark Zuckerberg, a cui hanno fatto causa per la paternità dell’idea alla base di Facebook, come raccontato nel film The Social Network. Loro ne sono usciti con 65 milioni di dollari, che sembravano noccioline, ma che sono stati capaci di trasformare in oro digitale, accumulando cryptoasset per quattro miliardi di dollari a testa.
Cameron e Tyler hanno scommesso sul bitcoin dal 2012 diversificando in seguito su altre criptovalute, sull’exchange Gemini e, più recentemente, anche su Nifty Gateway, piattaforma di arte digitale che ha ampiamente beneficiato della corsa degli Nft.
Come se non bastasse, la loro Gemini ha raccolto a fine 2021 400 milioni di dollari da investire nel loro metaverso, tornando quindi in diretta concorrenza con Zuckerberg che dei nuovo mondi virtuali ha fatto la sua ragione di business.
Il Ceo e fondatore di Coinbase ha portato l’exchange in Borsa l’exchange Usa con un direct listing che ha portato la sua valutazione attorno ai 100 miliardi di dollari. Ma era il momento d’oro delle cripto, cui è seguito un ridimensionamento delle quotazioni e, di conseguenza, delle transazioni. Il valore di Coinbase si è più o meno dimezzato. Ma sufficiente a Brian Armstrong per posizionarsi al terzo gradino dei criptomiliardari, con un patrimonio superiore ai sei miliardi di dollari grazie al suo 19% nella piattaforma.
La quotazione di Coinbase è stata rilevante dal punto di vista dei mercati perché ha fornito uno strumento per investire in bitcoin senza entrare direttamente nella criptovaluta. A differenza di altri protagonisti della scena cripto è tutt’altro che discreto: ha attaccato il Parlamento europeo per la sua proposta di regolamentazione degli asset digitali. Ma soprattutto ha fatto parlare di se con l’acquisto di una villa da 133 milioni a Bel-Air.
A trent’anni è il secondo dei miliardari cripto nella classifica di Forbes. Si è spostato da Hong Kong al paradiso più amichevole per le criptovalute delle Bahamas per stabilirvi la sua creatura, l’exchange FTX, che a inizio 2022 ha raggiunto una valutazione da 32 miliardi di dollari. Le sole attività americane sono state valutate 8 miliardi. Bankman-Fried possiede circa la metà del capitale di FTX oltre a un pacchetto da 7 miliardi di dollari di FTT, i token nativi della sua piattaforma, il che porta il suo patrimonio attorno ai 24 miliardi. Il ragazzo ha le idee chiare.
Nel periodo di crisi e di fallimenti del mondo cripto nel corso del 2022 si è proposto come “salvatore” del settore candidandosi e rifinanziare diverse società in debito di liquidità, proponendosi come novello John Pierpoint Morgan del mondo cripto. Ma ha già espresso la volontà di non tenere per sé i proventi della sua attività impegnandosi a distribuire la ricchezza che avrebbe accumulato nella sua vita.
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