Governance poll

La classifica 2025 dei sindaci e governatori più amati

Il primo cittadino di Ascoli Piceno, Marco Fioravanti, è il sindaco più amato dell'edizione 2025 del Governance Poll
di Gianni Trovati
7 luglio 2025

Per la prima volta il Governance Poll incorona un sindaco di Fratelli d’Italia. Marco Fioravanti, al secondo mandato alla guida di Ascoli Piceno, apre infatti l’edizione 2025 della rilevazione annuale svolta da Noto Sondaggi per il Sole 24 Ore per rilevare il gradimento dei sindaci. Lo sprint di Fioravanti manda al secondo posto Michele Guerra, sindaco di Parma e vincitore lo scorso anno, mentre a chiudere il podio interviene un ex aequo fra una novità e una conferma.

La prima è rappresentata da Vito Leccese, alla sua prima prova nel Governance Poll dopo l’elezione dello scorso anno a sindaco di Bari, che prosegue la tradizione avviata dal suo predecessore Antonio Decaro nel portare il capoluogo pugliese in alto nella graduatoria sul consenso dei sindaci.

Successore di Decaro, ma alla guida dell’Anci, è anche il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, frequentatore abituale delle vette della classifica (nel 2024 era secondo).

L’indice di gradimento dei sindaci

Il Governance Poll sui sindaci delle città capoluogo di provincia: graduatoria in base ai risultati 2025, confronto con i voti ottenuti il giorno della elezione e differenza. Dati in percentuale
Fonte: Noto Sondaggi per Il Sole 24 Ore

Molti elementi di continuità, ovviamente meno piacevoli, si incontrano anche agli ultimi posti, come d’abitudine occupati da sindaci di città del Sud dove la difficoltà finanziaria e amministrativa si riflette inevitabilmente sullo scarso entusiasmo mostrato dai cittadini nei confronti della politica locale.

L’ultima posizione quest’anno è a carico di Roberto Lagalla, sindaco di Palermo. Nell’edizione del 2024 era penultimo, precedendo solo il collega di Trapani Giacomo Tranchida: quest’anno si sono scambiati i posti.

Tra le grandi città, a Milano Beppe Sala recupera dieci posizioni (è nono) mentre a Roma Roberto Gualtieri rimane in basso (89esimo) ma vede crescere di due punti il consenso rispetto all’anno scorso.

Novità assoluta nella posizione regina del Governance Poll, Fioravanti è però ormai un protagonista di lunga data nel consenso dei sindaci. È giovane (ha 42 anni), ma si è già affacciato più volte ai piani alti della graduatoria già durante il primo mandato ad Ascoli Piceno, sfociato nella conferma plebiscitaria ottenuta l’anno scorso con il 73,9% dei voti al primo turno: percentuale inedita lontano dai piccoli Comuni, come mostra il dibattito ricorrente sulla proposta avanzata dal centrodestra per abbassare al 40% la soglia dei consensi che permetterebbe di evitare il ballottaggio.

La Top 5 dei sindaci

I primi 5 sindaci che hanno aumentato in misura maggiore il consenso rispetto al giorno delle elezioni

L’ipotesi nasce dalla volontà esplicita di evitare che un candidato vinca al secondo turno ottenendo meno voti rispetto a quelli raccolti al primo dallo sconfitto, per il calo fisiologico dell’affluenza nei due appuntamenti; e dall’idea implicita che un meccanismo del genere possa finire per penalizzare il centrosinistra, contraddistinto (almeno in passato) da una più solida fedeltà elettorale. Ad Ascoli Piceno, però, il ragionamento scolora.

Come del resto sfumano nei Comuni molte differenze politiche che dominano la scena nazionale, ma cedono il passo negli enti locali a una dimensione istituzionale spesso trasversale.

Lo dimostra lo stesso organigramma dell’Anci, dove Fioravanti presiede il consiglio nazionale mentre da novembre scorso la presidenza dell’Associazione è stata affidata, all’unanimità, a un esponente del centrosinistra in versione campo largo come Manfredi, che a Napoli (dov’è stato eletto sindaco anche lui al primo turno con un rotondo 62,9%) guida una giunta sostenuta da un’alleanza estesa dai Cinque Stelle a Italia Viva.

E lo conferma la storia delle battaglie fra sindaci e Governo, che hanno spesso visto confronti anche duri fra amministratori locali e ministri dello stesso partito o coalizione. Perché i numeri della finanza pubblica, e la realtà concreta delle norme che incidono sugli ordinamenti e sulla vita quotidiana degli enti locali, vincono su qualsiasi altra appartenenza.

Sul punto, i numeri del Governance Poll offrono spunti interessanti. In premessa, come sempre, va precisato che non si tratta di un sondaggio elettorale, per la semplice ragione che negli enti monitorati non ci sono elezioni e quindi non sono in gioco nemmeno candidati alternativi.

L’obiettivo è infatti quello di misurare il gradimento del sindaco da parte dei cittadini nei termini più diretti, riassunti nella domanda sulla disponibilità a rieleggerlo in caso di voto.

In quest’ottica, il gradimento dei sindaci sembra continuare a godere di una salute ottima, e in crescita. Quest’anno a superare la soglia del 50% di consenso sono 83 amministratori sui 97 monitorati, l’85,5%, mentre nell’edizione 2024 lo stesso risultato era stato raggiunto dal 77,5% degli “esaminati”. Tra i presidenti di Regione, è il 72% a ottenere il «sì» di almeno la metà degli interessati.

Un segno ulteriore di questa vivacità è nelle percentuali necessarie per raggiungere i gradini di vetta. Rispetto allo scorso anno, per esempio, Michele Guerra vede crescere di due punti il proprio gradimento, dal 63 al 65%, ma scende dal primo al secondo posto perché Fioravanti svetta con il 70%. Ma nel frattempo continua ad allargarsi la forbice fra Nord e Sud.

Nelle prime dieci posizioni, l’80% dei sindaci è settentrionale, nelle ultime dieci è invece meridionale il 70%. Le eccezioni non mancano, dal già citato Manfredi a Clemente Mastella che a Benevento segna il record di distanza positiva tra i numeri del Governance Poll e quelli restituiti dalle urne. Ma la tendenza è chiara, e individua gli elementi di fragilità che percorrono lo scenario comunque vivace dei Comuni.

Perché è vero che il protagonismo dei sindaci nei rapporti diretti con i cittadini non è in discussione, ed è stato alimentato in questi anni di Pnrr che hanno visto i Comuni fra i soggetti più attivi nella promozione e nella realizzazione del Piano. Ma è altrettanto indiscutibile che anche l’Italia dei Comuni è sempre più spaccata. E che le aree più fragili dal punto di vista finanziario, quelle meridionali, sono le prime ad avvertire in modo netto gli scricchiolii di un sistema che ha da anni spinto al massimo le entrate fiscali, ma vede crescere costantemente le pressioni sulla spesa, dal personale alla domanda crescente di welfare locale portata da un’Italia che invecchia e allarga la platea dei nuclei famigliari fragili.

L’aumento di una capacità di riscossione che a Sud spesso zoppica può tamponare il problema, che però è strutturale e promette di dominare l’orizzonte del futuro prossimo nelle amministrazioni locali. Anche se fin qui non sembra appassionare troppo il dibattito fuori dagli addetti ai lavori.

Nelle Regioni rivince Fedriga: Zaia secondo, Giani vola

Si muove, il Governance Poll delle Regioni nella sua edizione 2025. Non in testa, dove il tradizionale primato nordestino procede indiscusso e vede quest’anno la conferma al primo posto di Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli-Venezia Giulia e della conferenza delle Regioni, seguito dal veneto Luca Zaia.

Il primato è cosa loro da anni, ma appena sotto la graduatoria offre parecchie novità. Alberto Cirio, al secondo mandato in Piemonte, continua a consolidare il proprio consenso, e con il 59% di cittadini che si dicono disposti a rivotarlo in caso di elezioni conquista la medaglia di bronzo completando quindi un podio quindi monopolizzato dal centrodestra del Nord.

In Toscana invece Eugenio Giani corre, con un 58,5% di consensi che segna un + 6,5% rispetto all’anno scorso e addirittura un +13,5% nel confronto con l’edizione 2023.

I numeri sorridono anche a Francesco Acquaroli nelle Marche: con un salto del 7,5% sul 2024 (e del 5% rispetto all’anno prima) abbandona l’ultimo posto e raggiunge una maggioranza assoluta (50,5%) che lo fa salire in dodicesima posizione.

Le maglie nere in fondo alla classifica sono due. E toccano al molisano Francesco Roberti, che anche sull’onda dell’indagine per corruzione avviata a febbraio crolla di 13,5 punti percentuali in 12 mesi e si attesta al 44%, e a Francesco Rocca, che nel Lazio continua a declinare nel gradimento (-3,5% e -10% nel confronto con gli ultimi due anni).

Governance poll Presidenti

Il Governance Poll su 18 presidenti di Regione a elezione diretta: graduatoria in base al risultato 2024, confronto con quello 2023 e differenza. In %
Nota: I Presidenti delle Regioni Valle d’Aosta e Trentino A. A. non sono stati testati in quanto non è prevista l’elezione diretta.
Fonte: Noto Sondaggi per Il Sole 24 Ore

Questo per le Regioni è un anno elettorale, con le urne attese in autunno in Veneto, Toscana, Marche, Campania e Puglia oltre che in Valle d’Aosta, non testata dal Governance Poll perché lì non c’è l’elezione diretta del presidente.

L’attenzione all’appuntamento con i seggi è tesa, dopo il mancato accordo nella maggioranza sul terzo mandato che avrebbe permesso la ricandidatura di Zaia in Veneto e quella di De Luca in Campania, aprendo nuove fratture all’interno delle stesse coalizioni che li esprimono.

Oggi di conseguenza si è tornati a discutere di un possibile rinvio del voto alla primavera del 2026, chiesto prima di tutto dal presidente campano: con la motivazione ufficiale dell’incrocio fra la scadenza annuale, figlia dello slittamento eccezionale nel 2020 invaso dal Covid, e la chiusura dei bilanci regionali, e con un occhio alla possibile ricaduta di una riapertura del tira e molla sul limite ai mandati. Anche se la questione è complessa, investe l’ormai intricatissima architettura dei limiti nei Comuni (niente vincoli sotto i 5mila abitanti, tre mandati da 5mila a 15mila e due sopra quella soglia) e avrebbe quindi bisogno di una riflessione organica (e plausibilmente condivisa fra maggioranza e opposizione).

Proprio il clima intorno alle elezioni impone di ribadire il carattere del Governance Poll. Che a differenza dei classici sondaggi elettorali non misura le chance di vittoria di questo o quel candidato, mancando i concorrenti, ma punta a testare il grado di consenso maturato dall’amministrazione e riassunto nella figura del presidente o del sindaco, front man indiscussi di una politica locale molto personalizzata proprio dall’elezione diretta.

In questi termini, Luca Zaia trova per esempio l’ennesima conferma della solidità del proprio consenso in Veneto, ed Eugenio Giani incontra argomenti solidi a favore di una ricandidatura che pure ha animato più di un dibattito nel Partito democratico. Ma le elezioni attivano comunque altre dinamiche, alimentate dal confronto fra i candidati e, nelle Regioni più che nei Comuni, dal peso specifico dei partiti che li sostengono.

La Top 5 dei presidenti

I primi 5 presidenti che hanno aumentato in misura maggiore il consenso rispetto al giorno delle elezioni

Più interessante, allora, guardare le dinamiche di medio periodo. Che premiano personalità molto diverse fra loro, perché il vento sembra soffiare nelle vele sia dello spumeggiante Giani, impegnato già da settimane in un fitto giro territoriale che anticipa la campagna elettorale vera e propria, sia di figure dall’esposizione meno continua come Alberto Cirio, pure al centro dell’attivissima famiglia piemontese di Forza Italia.

Da segnalare, sempre fra gli Azzurri, anche il buon risultato in Calabria di Roberto Occhiuto, che sembra colpito solo marginalmente dall’indagine per corruzione da lui stesso annunciata in un video sui social, e da Renato Schifani in Sicilia, che conferma il risultato ottenuto lo scorso anno dopo un balzo di cinque punti rispetto al 2023. Schifani è anche il primatista nel confronto fra il gradimento registrato nel Governance Poll con il risultato ottenuto nelle urne (+14,4%), seguito da Giani (+9,9%).

Non troppo vivaci, infine, le prove dei due presidenti al loro primo appuntamento con il Governance Poll: Marco Bucci in Liguria e Alessandra Todde in Sardegna occupano il 14esimo e 15esimo posto, aprendo la lista dei cinque presidenti di Regione che si fermano lontani dal 50%.

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