I fantasmi del Baltico
Non esiste una definizione univoca di «guerra ibrida».
Ma secondo strateghi e analisti militari, la Russia ha elaborato da tempo la cosiddetta «Dottrina Gerasimov» (dal nome dell’attuale capo di Stato maggiore russo Valerij Gerasimov): si tratta di una dottrina militare in cui ogni piano delle relazioni internazionali diventa un potenziale campo di battaglia, in uno stato indefinito tra la pace effettiva e la guerra non dichiarata.
In questa zona grigia, la Russia può utilizzare contemporaneamente strumenti molto diversi per infliggere danni ai suoi avversari: «disinformazione e spionaggio; interferenze nelle decisioni pubbliche e sui processi elettorali; impiego di quinte colonne, sabotatori e mercenari; attacchi cibernetici; omicidi mirati; speculazioni economiche ed embarghi di materie prime».
Lituania, Lettonia ed Estonia – le repubbliche baltiche – sono in prima linea in questo conflitto non lineare
La Russia si è dotata di una «flotta fantasma» per aggirare le sanzioni sull’esportazione di petrolio e gas: si tratta di navi ufficialmente non riconducibili alla Federazione Russa che trafficano le sue risorse con acquirenti compiacenti, da attori statali ad aziende private.
Secondo le agenzie di intelligence di varie nazioni dell’Unione europea, degli Stati Uniti, e del Regno Unito, al momento la «flotta fantasma» russa conta tra le 500 e le 700 navi.
Secondo l’Alta Rappresentante per la Politica Estera dell’Unione europea Kaja Kallas, il commissario alla Difesa Ue Andris Kubilius e il primo ministro polacco Donald Tusk, da qualche mese alcune navi della flotta fantasma russa hanno anche un’altra missione, che coincide precisamente con il concetto di guerra ibrida: compiere azioni di sabotaggio.
Reciso il gasdotto Balticconnector tra Finlandia ed Estonia, all’interno di acque territoriali finlandesi. L’atto viene attribuito alla nave cinese NewNewPolarBear. Danneggiati anche i cavi sottomarini per telecomunicazioni EE-S1
Danneggiati anche i cavi sottomarini per telecomunicazioni EE-S1
Recisi i cavi telefonici sottomarini tra Estonia, Svezia e Finlandia. Anche questo incidente viene attribuito alla nave cinese NewNewPolarBear. La Svezia accusa la Cina di scarsa collaborazione
Tagliati i cavi ottici C-Lion e BCS West Interlink che collegavano Germania, Svezia, Danimarca, Lituania e Finlandia. L’incidente viene attribuito a una nave cinese, la Yi Peng
Recisi i cavi elettrici sottomarini Estlink tra Finlandia ed Estonia. Black out in alcune zone della Finlandia. Le forze speciali finlandesi abbordano la petroliera Eagle S, sospettata di far parte della flotta fantasma russa
Malfunzionamento di un cavo telecomunicazioni Svezia-Lettonia che fa scattare indagini della polizia svedese e della NATO. Salta un cavo di telecomunicazioni tra Svezia e Finlandia, che aprono un’indagine per sabotaggio
La Marina Militare dell’Estonia ferma e ispeziona la nave Kiwala, priva di bandiera e sospettata di far parte della flotta fantasma russa. La Kiwala è già sotto sanzioni in diverse nazioni e viene trattenuta per 14 giorni
La Marina Militare dell’Estonia ferma la Jaguar, presunta petroliera della flotta fantasma russa e priva di bandiera. Per la prima volta interviene l’Aeronautica Militare russa, che invia un jet SU-35 a protezione della Jaguar. Il jet viola per oltre un minuto lo spazio aereo NATO. Dall’Estonia si alzano in volo due jet NATO portoghesi. La Jaguar viene scortata in acque russe.
In ritorsione al fermo della Jaguar, la Marina Militare russa ferma la Green Admire, una petroliera con bandiera greca appena partito dal porto estone di Sillamae. La nave viene trattenuta per ore e poi rilasciata nonostante i documenti in regola.
La petroliera Sun, sospettata di far parte della flotta fantasma, viene individuata dalla marina polacca a poca distanza dai cavi sottomarini che collegano Polonia e Svezia e allontanata. La corvetta della Marina Militare russa Boikiy attraversa la Manica nascondendo la sua vera identità a protezione di due petroliere non identificate che si suppone appartengano alla flotta fantasma russa.
Due jet polacchi intercettano un bombardiere russo Su-34 sui cieli del Baltico al largo di Kaliningrad, exclave russa tra Polonia e Lituania. Il jet viene scortato fuori dallo spazio aereo NATO dopo alcuni minuti di tensione.
«Se un evento del genere accade una volta, lo si può definire un incidente; se accade due volte, magari, è una coincidenza, ma se avviene diverse volte, come nei casi a cui abbiamo assistito, si tratta senza dubbio di una strategia»: il ministro della Difesa della Lettonia Andris Sprūds siede nella sala riunioni di una scuola elementare di Mālpils, a circa settanta chilometri dalla capitale Riga, trasformata temporaneamente in uno dei centri direttivi di «Crystal Arrow», l’esercitazione NATO che dà il via a tutti gli addestramenti militari sul fianco est dell’Alleanza Atlantica.
L'intervista a Andris Sprūds, ministro della Difesa della Lettonia
«È una tendenza, ed è una tendenza orchestrata ad arte. Ecco perché dobbiamo essere preparati»: 54 anni, occhiali da professore e piglio deciso, prima di entrare in politica e diventare ministro Sprūds era un professore universitario di Storia e Relazioni Internazionali, ma per ripercorrere tutte le tensioni che si addensano nelle acque del Mar Baltico deve richiamare la cronaca più recente.
Dall’ottobre del 2023 a oggi nel Mar Baltico si sono verificati almeno undici casi di cavi sottomarini recisi, gasdotti danneggiati e vari altri incidenti, che tutti i Paesi rivieraschi membri della NATO attribuiscono a operazioni di guerra ibrida lanciate dalla Russia. A questi, inoltre, vanno aggiunte ovviamente le esplosioni che nel settembre del 2022 – pochi mesi dopo l’aggressione di Mosca contro l’Ucraina – hanno reso inservibili i gasdotti Nord Stream 2 e Nord Stream 1, un’operazione «sporca» che secondo una lunga inchiesta di Der Spiegel è da attribuirsi a ex elementi dell’esercito ucraino fuori controllo.

Nella complessa rete di cavi sottomarini - sia elettrici che per le telecomunicazioni – e di gasdotti che attraversano le profondità di queste acque collegando le Repubbliche Baltiche alla Svezia, alla Finlandia, alla Polonia e alla Germania, ognuno di questi presunti atti di sabotaggio presenta caratteristiche diverse, ma secondo Sprūds compone un disegno complessivo, in cui dall’autunno del 2023 la Russia sta innalzando sistematicamente la posta in gioco e il livello dello scontro. Ed è qui che entra in gioco la cosiddetta «flotta fantasma» russa: si tratta di un numero imprecisato tra le 500 e le 700 navi che, fin dai primi mesi dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, la Russia ha iniziato a impiegare per eludere le sanzioni internazionali sui commerci di gas e petrolio.


L’identikit di una tipica «nave fantasma» viene tracciato con una certa precisione dal colosso delle assicurazioni Lloyd’s e da varie agenzie intelligence occidentali: si tratta di navi vecchie di almeno quindici anni, dalla proprietà anonima oppure irrintracciabile perché nascosta dietro una struttura societaria talmente complessa da rendere il proprietario effettivo virtualmente irrintracciabile. Le navi fantasma conducono pratiche comunemente ritenute «ingannevoli» dalle leggi dell’industria dei trasporti marittimi internazionali: navigano al di fuori dell’AIS (Automatic Identification System) disattivando o manipolando le comunicazioni, falsificano i documenti di navigazione o la bandiera, alterano il nome mostrato sullo scafo e si servono di trasferimenti di merci da nave a nave per non lasciare tracce nei porti del carico che nascondono nelle stive e nei serbatoi.
Come raccontava il grande giornalista americano William Langewiesche nel suo libro Terrore dal Mare (pubblicato in Italia da Adelphi), le regole del commercio marittimo internazionale presentano tante e tali scappatoie che navi in partenza da un certo porto con un certo nome e un equipaggio definito sui documenti d’imbarco, possono arrivare a destinazione con nome, bandiera e carico completamente modificati. Un intrico di registrazioni, procedure di identificazione e protocolli di comunicazione capace di rendere i Sette Mari qualcosa a metà tra il Far West e un bazar: di questa situazione, la Russia si è approfittata ai massimi livelli acquistando navi da armatori senza scrupoli per poi riempirle di petrolio e gas sottoposti a sanzioni da rivendere a nazioni o imprese compiacenti.
Ma da alcuni mesi la flotta fantasma di Vladimir Putin ha fatto un salto di qualità: secondo l’allarme lanciato da varie agenzie di intelligence europee e diffuso dall’Alta Rappresentante per la Politica Estera dell’Unione europea Kaja Kallas, dal commissario europeo alla Difesa Andris Kubilius e dal primo ministro polacco Donald Tusk, ormai le navi della flotta fantasma conducono anche operazioni di sabotaggio, e l’epicentro di questa campagna si trova nel Mar Baltico.

«Il concetto russo di dottrina militare è unificato: non c’è una dottrina militare per la guerra convenzionale e una dottrina diversa per la guerra non convenzionale. Per loro è tutto connesso», dice Baiba Braže, la ministra degli Esteri della Lettonia, anche lei intervistata ai margini delle esercitazioni NATO «Crystal Arrow». 59 anni, Braže è una diplomatica di carriera che dopo vari ruoli al ministero degli Esteri lettone e alla NATO è diventata ministro nel 2024. «Al momento questi attacchi possono non apparire connessi tra loro, ma sono attacchi su più piani e li stiamo affrontando tutti insieme», spiega Braže.

«Gli incidenti che abbiamo subito alle infrastrutture del Mar Baltico nel corso degli ultimi tre anni si configurano senza dubbio come un’attività di sabotaggio. Fino a tre anni fa non c’erano casi di cavi sottomarini recisi o di pipeline colpite, e adesso all’improvviso si verificano tutti insieme. È su questo che le nostre agenzie di intelligence, le nostre forze dell’ordine e altre risorse stanno lavorando insieme: c’è un’integrazione tra forze militari e agenzie civili per ottenere prevenzione e azioni rapide per identificare i colpevoli, ma è anche necessario stimare i danni e ripararli».
Gli «incidenti» nel Mar Baltico non sono solo in aumento, ma si presentano come una vera e propria escalation come dimostra il caso della petroliera Jaguar, il primo in cui la Russia ha schierato direttamente le sue forze armate a protezione di una nave della flotta fantasma.

Il 15 maggio 2025, la Marina Militare dell’Estonia ferma la Jaguar, una petroliera sospettata di trafficare petrolio russo. La Jaguar presenta tutte le caratteristiche della nave fantasma: è registrata sotto bandiera del Gabon prima e della Guinea Bissau dopo, ma al momento del fermo sta navigando senza bandiera e senza nazionalità nella zona economica esclusiva russa.
La nave di pattuglia estone EML Raju sta operando il fermo con due elicotteri militari di copertura, ma è questo punto che avviene l’incidente: dalla Russia decolla un jet militare Su-35 che vola senza comunicazioni, si erge a protezione della Jaguar e minaccia implicitamente gli estoni, violando lo spazio aereo dell’Estonia e della NATO per oltre un minuto.


Dalla base NATO di Ämari, in Estonia, decollano due jet NATO portoghesi a copertura della marina estone. I marinai estoni vivono minuti di tensione, basta un’esitazione o un errore per trasformare il fermo in un confronto militare e quindi in un incidente diplomatico dalle conseguenze potenzialmente molto gravi. Alla fine, sempre sotto lo sguardo del jet russo e dei jet NATO, la Jaguar viene scortata fino alle acque territoriali russe e approda al porto di Primorsk.
Se l’incidente della Jaguar costituisce il primo caso in cui l’esercito russo si è schierato esplicitamente a difesa della flotta fantasma, ormai l’escalation è continua: pochi giorni dopo, il 21 maggio 2025, la corvetta della Marina Militare russa Boikiy ha attraversa la Manica nascondendo la sua vera identità a protezione di due petroliere della flotta fantasma che poi hanno solcato le acque del Baltico. Già nel gennaio 2025 la NATO ha lanciato Baltic Sentry, un’operazione di pattugliamento del Mar Baltico che punta a maggiore deterrenza nella zona.

«Una maggiore presenza della NATO può mostrare forza, capacità di reagire, se necessario, ed esercita senza dubbio un effetto di deterrenza, pur tenendo presente che non è possibile piazzare una pattuglia marittima di sorveglianza per ogni metro di cavo sottomarino. C’è molto traffico nel Mar Baltico, e ci sono molte navi della flotta fantasma russa, ed ecco perché la risposta si snoda su più livelli: c’è il livello nazionale, ovviamente, che pattuglia le acque interne e la zona economica esclusiva; c’è la cooperazione regionale che permette di attivare meccanismi di gestione della crisi, e poi c’è la presenza della NATO, ma sono necessarie anche ulteriori sanzioni contro la flotta fantasma. Insomma, siamo preparati, ma non possiamo escludere che altri episodi si ripetano, perché si tratta di una strategia assolutamente deliberata per colpire obiettivi vulnerabili», dice il ministro della Difesa lettone Andris Sprūds.
Mappa dei «Tre Mari»


I danni di questi sabotaggi e di queste azioni di disturbo sono difficili da riparare e presentano un continuo test con cui la Russia mette alla prova le capacità di reazione dei Paesi che si affacciano sul Mar Baltico. «In Ucraina, ad esempio, abbiamo già visto la confluenza di tutti gli elementi della guerra ibrida, mentre le nazioni europee non sono abituate ai metodi non convenzionali impiegati dalla Russia per ottenere i suoi obiettivi politici», dice la ministra degli Esteri lettone Baiba Braže. «Questi obiettivi sono legati al paese che viene preso di mira, ma di solito si tratta di ottenere maggiore influenza politica, e per raggiungerla possono usare misure economiche, oppure la corruzione politica, o i sabotaggi come nel Mar Baltico, o gli attacchi hacker, i leak di informazioni riservate, le provocazioni politiche, il cyber. Tutto per generare situazioni di tensione nei governi, per promuovere alcuni soggetti politici da loro sostenuti, alcuni leader o alcune imprese. Penso che sia importante per tutti gli stati membri dell’Unione europea capire che queste misure di guerra ibrida sono in campo adesso, proprio in questo momento».