Mapping the cultural choice

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Exploring the relationship between students’ artistic studies and their territories

Cosa spinge i giovani italiani a scegliere Storia dell’arte o Beni culturali in un'epoca in cui tutto sembra premiare competenze tecniche e digitali maggiormente spendibili sul mercato del lavoro? È una scelta controcorrente, ma forse anche profondamente radicata nel contesto in cui si nasce e si cresce. Questo progetto nasce da una domanda:

Esiste una correlazione tra la ricchezza culturale di una determinata regione – il suo patrimonio artistico, la sua storia, la sua identità locale – e l’inclinazione dei giovani a scegliere percorsi di laurea umanistici?

In altre parole: dove c’è più cultura vissuta, raccontata e tramandata, si studia anche più cultura?

Per rispondere abbiamo analizzato i dati regionali relativi ai laureati in ambito culturale escludendo i percorsi STEM, per costruire una mappa delle scelte formative in Italia. A guidarci non è solo la curiosità statistica, ma l’idea che le preferenze educative siano anche uno specchio della società, e quindi uno strumento per capire come cambia il nostro rapporto con la cultura, da Nord a Sud.

Nel 2023/2024, le regioni con il maggior numero di immatricolati in corsi di laurea artistico culturali sono Lazio (oltre 6.000), Veneto (oltre 3.400) e Toscana (quasi 3.500). Anche regioni come Emilia-Romagna, Campania e Sardegna mostrano dati significativi. Al contrario, in regioni come il Trentino-Alto Adige, il numero di immatricolazioni resta basso o in calo, pur con importanti centri universitari. Questi numeri delineano una mappa che sembra legata non solo all’offerta formativa, ma anche al valore attribuito alla cultura nei diversi territori.

Per questo studio, abbiamo preso in considerazione i seguenti corsi di laurea, sia triennali che magistrali:
  • L01-Beni Culturali
  • L03-Discipline delle Arti Figurative, della Musica, dello Spettacolo e della Moda
  • L43-Tecnologie per la Conservazione e il Restauro dei Beni Culturali
  • LM11-Conservazione e Restauro dei Beni Culturali
  • LM89-Storia dell'Arte
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Nel confronto 2013/2014 – 2023/2024 il quadro si fa ancora più interessante.

Alcune regioni mostrano una tenuta o addirittura una crescita nelle iscrizioni ai corsi storico-artistici: è il caso della Toscana (+350 circa), del Veneto, e soprattutto della Sardegna, che sorprende con una crescita contro tendenza.

In altre regioni, il calo è evidente: in Campania, le immatricolazioni passano da circa 4.300 a circa 3.500. Questi andamenti non sono solo numerici: riflettono cambiamenti profondi nella percezione del valore formativo e occupazionale della cultura.

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CASE STUDY:
TRENTINO-ALTO ADIGE

Negli ultimi dieci anni, il Trentino-Alto Adige ha registrato una delle flessioni più marcate in Italia per quanto riguarda l’iscrizione a corsi di laurea storico-artistici.

Se nel 2013 i laureati in questo ambito rappresentavano una quota consistente degli studenti universitari provenienti dalla regione, nel 2023 questa percentuale ha visto una flessione importante dal 2.77% all’1.78%.

Una dinamica controintuitiva per una regione tradizionalmente attenta alla promozione culturale, con una rete capillare di istituzioni, musei e iniziative bilingui che storicamente avrebbero potuto favorire l'interesse per questi percorsi.

Eppure, la fotografia attuale mostra un cambiamento netto: sempre più giovani scelgono percorsi tecnico-scientifici, economici o sanitari, allineandosi a una visione più pragmatica e orientata all’occupabilità immediata. A incidere potrebbe essere stata anche la struttura economica della regione, dove il mercato del lavoro è fortemente orientato verso il turismo, i servizi e le imprese ad alto contenuto tecnologico.

I giovani sembrano rispondere a un messaggio implicito: investire in una laurea deve portare a un ritorno economico certo. E così, corsi di laurea come Beni culturali o Storia dell’arte perdono attrattiva, relegati all’immagine di percorsi improduttivi. Non va sottovalutata nemmeno la pressione sociale e familiare: in un contesto in cui il costo della vita è elevato e l’aspettativa di indipendenza economica è anticipata, le scelte universitarie diventano sempre più strategiche.

Il caso del Trentino-Alto Adige racconta molto più di una semplice flessione statistica: è la spia di un cambiamento più ampio nei valori, nelle aspirazioni e nel rapporto tra formazione e territorio. Un’Italia in cui il capitale culturale perde centralità rispetto a quello economico-produttivo, anche in aree che storicamente hanno fatto della cultura un tratto distintivo.

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CASE STUDY:
SARDEGNA E TOSCANA

Controcorrente rispetto alla tendenza nazionale, la Sardegna ha visto aumentare il numero di immatricolati ai corsi di laurea in ambito artistico e culturale tra il 2013/2014 e il 2023/2024.

Secondo i dati, la percentuale di iscritti ai corsi considerati rimane piuttosto costante negli anni, evidenziando un interesse nei confronti di questi ambiti che non è mai venuto meno. Un dato che sorprende perché non arriva da una delle capitali culturali storiche del Paese, né da un contesto economico tra i più solidi.

Eppure, proprio questo potrebbe essere il punto: in una regione in cui il tessuto produttivo è più fragile e il turismo culturale (non solo balneare) sta crescendo, studiare cultura può essere percepito come un modo per restare. L’università di Cagliari e quella di Sassari, inoltre, offrono corsi specifici legati all’identità locale: archeologia, beni culturali, lingue minoritarie. Una forma di radicamento culturale che resiste anche nel mondo accademico.

In Toscana l’alta percentuale di immatricolati in facoltà storico-artistiche invece non sorprende: Firenze, Pisa e Siena restano tre poli universitari con una forte tradizione in discipline come Storia dell’arte e Beni culturali.

Tra il 2013 e il 2023, la regione ha visto un aumento netto delle immatricolazioni, da circa 3.100 a quasi 3.500 studenti, confermando un trend che riflette la sua identità culturale consolidata.

Qui la cultura non è solo patrimonio: è infrastruttura, vissuta e tramandata anche attraverso la formazione universitaria. Il caso toscano conferma l’ipotesi di partenza: dove la cultura è percepita come valore economico e sociale, i giovani continuano a sceglierla anche come percorso di studio.

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A influenzare la fuga dalle facoltà artistiche sono probabilmente fattori multipli e intrecciati: da un lato, la crescente enfasi sull’occupabilità e sulle competenze tecnico scientifiche, promossa anche dalle politiche pubbliche e dal mondo imprenditoriale; dall’altro, la narrazione diffusa secondo cui queste lauree porterebbero a lavori poco stabili e mal retribuiti.
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SHOULD I STAY OR SHOULD I GO?

Un aspetto interessante che emerge dai dati è la forte presenza di studenti fuorisede nelle facoltà artistico-culturali di alcune regioni.

Questo dato non solo arricchisce il profilo culturale di quei territori, ma suggerisce anche che la reputazione accademica e artistica può incidere significativamente sulla scelta del luogo di studio.

Nel caso della Toscana, ad esempio, nel 2023/24 gli studenti provenienti da fuori regione sono stati 1.176, mentre i toscani iscritti nella stessa regione erano 2.986: i fuorisede rappresentano quindi quasi il 40% del totale, un dato rilevante se si considera il carattere locale che spesso si associa alle facoltà artistiche. Regioni come Lazio ed Emilia-Romagna mostrano tendenze simili, mentre in territori come Sardegna o Trentino-Alto Adige, la componente fuorisede resta più contenuta, segno di una scelta di studio ancora fortemente legata al contesto locale.

Oltre ai molteplici fattori sopracitati, c’è anche una componente culturale e familiare. Nelle regioni dove è più forte la spinta al successo economico, i giovani sembrano orientarsi più facilmente verso percorsi STEM o economici. Viceversa, in contesti dove la cultura è vissuta come un valore sociale, la scelta umanistica continua a resistere. Infine, va considerato anche il ruolo dell’offerta universitaria: in molte regioni la disponibilità di corsi umanistici si è ridotta, favorendo una polarizzazione verso le città universitarie storiche.

In termini assoluti, dal 2013 al 2023 il numero di immatricolati ai corsi di laurea artistici è cresciuto: da 33.530 a 42.811 iscritti. Un aumento che si inserisce in un contesto più ampio, dove anche il totale degli immatricolati all’università è salito, passando da 1.693.149 a 1.960.821. Eppure la percentuale di chi sceglie un percorso artistico resta ancora troppo bassa: solo dal 1,98% al 2,18% in ben dieci anni.

Un segnale che indica sì una crescita, ma anche una scarsa incidenza di questi corsi rispetto al totale.

Un’Italia che non investe più nell’arte non è solo un Paese che si adegua al mercato del lavoro, ma anche uno che forse rinuncia, almeno in parte, alla sua vocazione culturale. Eppure, in alcune regioni la cultura resiste, si riorganizza, cerca nuove forme. Non si tratta solo di numeri: queste scelte riflettono valori, aspettative e visioni del nostro futuro.

CREDITS:

Francesca Fontanesi
Lucia Panni
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