Lo stato dei pesticidi nelle nostre acque

Testi, grafici e illustrazioni: Enrico Schlitzer

In materia di pesticidi, l'Unione Europea ha sviluppato una delle legislazioni più rigorose al mondo. L'approvazione di un nuovo prodotto richiede studi approfonditi sulla salute umana e sull'ambiente, valutandone sia gli effetti immediati, sia quelli legati a un'esposizione prolungata.

Poi c’è la normativa italiana, che spesso impone restrizioni più severe di quelle europee sull'uso di alcune sostanze. Da quasi 25 anni, come tutti gli stati membri, siamo anche tenuti a monitorare la presenza di pesticidi nelle acque, con l’obiettivo di ridurre il rilascio di queste sostanze nell'ambiente.

Una legislazione ben strutturata, ma che deve avere qualche problema di attuazione, almeno a giudicare dagli ultimi dati disponibili: in Italia, tracce di pesticidi sono state rilevate nel 75% delle stazioni che monitorano i corsi d’acqua in superficie e nel 40% di quelle sotterranee.

In alcuni casi, le concentrazioni rilevate sono abbastanza basse da non costituire un rischio per gli organismi acquatici: valori superiori ai limiti normativi si riscontrano nel 28% dei punti di monitoraggio superficiali e nel 6.8% di quelli nelle falde sotterranee.

La maggior parte di questi limiti, fissati circa vent’anni fa, non si basa però sugli effetti ambientali dei singoli pesticidi, ma è stata definita in modo generico. Di conseguenza, sapere se queste soglie vengono superate offre solo un’indicazione parziale del livello di inquinamento. Quello che è certo, invece, è l’estesa diffusione nell'ambiente dei pesticidi, in grado di penetrare nel suolo e raggiungere anche le falde sotterranee in profondità.

I pesticidi nelle acque: i dati del 2021

Il rapporto nazionale «Pesticidi nelle acque» del Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (SNPA), descrive lo stato di contaminazione delle acque italiane. Frutto della collaborazione tra l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) e le agenzie regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano per la protezione ambientale, il documento pubblicato l'anno scorso contiene i dati del 2021.

Questo rapporto è il risultato delle analisi condotte attraverso una rete di quasi 5000 punti di monitoraggio distribuiti tra fiumi, laghi, acque sotterranee e ambienti costieri, che misurano la concentrazione dei pesticidi per confrontarla con i limiti stabiliti dalle normative europee e nazionali.

Concentrazioni di pesticidi oltre le soglie normative (2021)

Dati: SNPA
Il 28% delle acque superficiali analizzate contiene almeno un principio attivo oltre i limiti normativi.
Nelle acque sotterranee, il 6,7% dei punti di monitoraggio supera i limiti.

Il rapporto, che evidenzia una diffusa presenza di pesticidi, probabilmente sta sottostimando il reale stato di inquinamento delle nostre acque. Come spiega Emanuela Pace, ricercatrice dell'ISPRA e coordinatrice del rapporto, parte del problema sta nei criteri di valutazione.

“La normativa europea stabilisce precisi limiti di concentrazione per i pesticidi nelle acque di superficie” spiega Pace. “Queste soglie sono state determinate sperimentalmente solo per un numero ristretto di sostanze, misurandone gli effetti sugli organismi acquatici. Per tutte le altre si applica il limite convenzionale di 0,1 microgrammi per litro, lo stesso che vale anche alle acque sotterranee.”

“Questo valore standard, usato per valutare la concentrazione della maggior parte dei pesticidi, non riflette un rischio ecologico specifico” continua la ricercatrice.

“Deriva principalmente dalla sensibilità degli strumenti di misura disponibili vent'anni fa, quando fu stabilita tale soglia. Attualmente si stanno rivedendo sia i limiti che l'elenco delle sostanze da monitorare con maggiore attenzione, puntando a stabilire soglie che rispecchino i reali rischi ambientali, almeno per i principi attivi più pericolosi. I nuovi limiti per molti pesticidi probabilmente saranno inferiori a quello attuale, rendendo il quadro più critico di quanto non appaia oggi.”

Quali limiti di sicurezza usiamo per i pesticidi?

412 pesticidi cercati nel 2021

Quali limiti di sicurezza usiamo per i pesticidi?

412 pesticidi cercati nel 2021

Vendite in calo, ma sempre più pesticidi rilevati nei monitoraggi

Un dato positivo: negli ultimi dieci anni, le vendite di pesticidi in Italia sono calate del 19%. Questa informazione, che si riferisce al peso di principio attivo venduto, proviene dall'indagine che Istat conduce ogni anno presso le aziende che distribuiscono prodotti fitosanitari.

Il dato sulle vendite ha alcune limitazioni − acquistare un prodotto non significa necessariamente utilizzarlo − ma rappresenta l'unica informazione aggiornata sull'uso di pesticidi. Proprio per porre rimedio a questa mancanza, il Parlamento Europeo ha stabilito che a partire dal 2028 gli Stati membri saranno tenuti a raccogliere e trasmettere i dati sull'estensione dei terreni trattati con pesticidi e sulle quantità delle sostanze utilizzate. Le aziende agricole devono già documentare in forma cartacea ogni trattamento effettuato, ma al momento non sono tenute a rendere pubbliche queste informazioni.

Il calo nelle vendite degli ultimi anni è stato piuttosto irregolare, soprattutto a causa dell'andamento altalenante dei fungicidi. L'uso di questi prodotti, che rappresentano oltre il 60% dei pesticidi venduti, dipende fortemente dalle condizioni climatiche: le precipitazioni abbondanti favoriscono lo sviluppo dei funghi, richiedendo maggiori trattamenti.

Le vendite sono diminuite per quasi tutte le categorie di pesticidi, con l'eccezione dei composti biologici, che hanno registrato un incremento del 120%. Nonostante questi segnali incoraggianti, il Rapporto Pesticidi sembra raccontare una storia diversa: in dieci anni, la percentuale di stazioni di monitoraggio in cui sono state rilevate tracce di pesticidi è passata dal 58% al 75% per le acque superficiali e dal 32% al 40% per quelle sotterranee.

Andamento* delle vendite di pesticidi e della loro frequenza di ritrovamento nell'ambiente

*rispetto al 2012

Dati: SNPA, Istat

Andamento* delle vendite di pesticidi e della loro frequenza di ritrovamento nell'ambiente

*rispetto al 2012

Dati: SNPA, Istat

Usiamo meno pesticidi, ma ne troviamo sempre di più. Gianluca Maschio, ricercatore dell’SPRA che collabora alla stesura del Rapporto Pesticidi, aiuta a chiarire questa apparente contraddizione.

“Per prima cosa, la capacità di rilevare i pesticidi è notevolmente migliorata nell'ultimo decennio,” spiega Maschio. “È aumentato il numero delle stazioni di monitoraggio, nel 2021 siamo arrivati a circa 5000. La nostra ricerca include più sostanze e si concentra su quelle effettivamente utilizzate sul territorio, oltre a impiegare tecniche analitiche più sofisticate, capaci di individuare anche concentrazioni minime.” Dal 2012 le sostanze monitorate sono aumentate del 18% e le stazioni di monitoraggio del 43%, anche se quest'ultimo dato influisce più sul numero totale dei ritrovamenti che sulla loro frequenza.

“C'è un altro fattore da considerare,” continua il ricercatore, “i pesticidi possono accumularsi nell'ambiente, tanto che ancora oggi troviamo tracce di sostanze utilizzate nel passato.”Questa persistenza nell'ambiente è tipica dei cosiddetti “inquinanti organici persistenti” (o POP, dall'inglese Persistent Organic Pollutants).

Questa definizione, che risale agli anni '90, inizialmente identificava 12 sostanze particolarmente nocive e resistenti alla degradazione, ribattezzate “la sporca dozzina”. Molte di esse sono pesticidi: dal ben noto DDT all’esaclorobenzene, l’eptacloro e vari antiparassitari a base di clorurati. L'uso di questi prodotti è stato progressivamente vietato in Europa tra gli anni '80 e '90, ma le loro tracce vengono rilevate ancora oggi.

Delle 105 presenze di POP rilevate nel 2021, quasi tutte nelle acque fluviali, più di due terzi sono dovute all'insetticida difocol, che è stato aggiunto nel 2019 alla lista degli inquinanti persistenti. Simile al DDT per composizione, questo insetticida sopravvive così a lungo nell'ambiente da raggiungere il mare aperto e essere rilevato in strati profondi di sedimenti, risalenti a diversi decenni fa.

Tra i miglioramenti al sistema di monitoraggio e la tendenza di alcuni pesticidi ad accumularsi nell'ambiente, è difficile dire se questi inquinanti siano davvero sempre più presenti nelle nostre acque. In ogni caso, anche se la situazione non stesse peggiorando, la sua persistenza è preoccupante, perché anche l’esposizione prolungata a basse concentrazioni comporta dei rischi.

Di questi effetti cronici ne sappiano meno, visto che sono più complessi da studiare e quindi meno documentati nella letteratura scientifica. Inoltre, la tossicità dei pesticidi può manifestarsi anche in modo sinergico: quando diverse sostanze si combinano in un ecosistema, i danni che provocano possono essere superiori alla somma degli effetti dei singoli composti.

I pesticidi più diffusi nelle acque italiane

I grafici sottostanti mostrano i pesticidi rilevati con maggior frequenza dalla rete del SNPA nel corso del 2021. Molte di queste sostanze non sono propriamente pesticidi ma loro metaboliti − cioè prodotti di degradazione che si formano quando una sostanza viene rilasciata nell'ambiente e inizia a decomporsi per effetto di processi naturali.

Le nuove molecole che si formano non sono necessariamente simili al composto originale, ma possono differire sia per tossicità che per persistenza. Dei pesticidi trovati più spesso, solo per tre sostanze è previsto un limite di concentrazione basato sul loro reale impatto ambientale: l'insetticida dicofol e gli erbicidi terbutrina e bentazone.

I pesticidi rilevati più frequentemente nel 2021

% di ritrovamento

Dati: SNPA

I pesticidi rilevati più frequentemente nel 2021

% di ritrovamento

Dati: SNPA
Nota: I tre pesticidi evidenziati in rosa sono gli unici per cui è previsto un limite specifico di concentrazione. Il metolaclor-ESA è un metabolita dell’erbicida metolaclor. Atrazina desetil desisopropil, atrazina desetil e 2-idrossiatrazina sono metaboliti dell’erbicida atrazina.

Non tutto arriva dai campi

Una parte di queste sostanze potrebbe non provenire dall'agricoltura, poiché alcuni principi attivi contenuti nei pesticidi si trovano anche in prodotti come disinfettanti o conservanti. Tuttavia, non essendoci informazioni sulla vendita e sull'uso di questi articoli, è difficile quantificare il loro contributo rispetto alle fonti agricole.

Indicazioni più concrete si hanno per quanto riguarda l'AMPA, la sostanza rilevata con maggior frequenza nelle acque fluviali. Questo composto è un metabolita dell'erbicida glifosato, di cui condivide molte proprietà.

Uno studio recente pubblicato sulla rivista Water Research suggerisce che una parte consistente dell'AMPA rilevato nei fiumi potrebbe provenire dalle acque di scarico urbane. Gli autori ipotizzano che derivi dalla trasformazione di sostanze comunemente presenti nei detersivi o utilizzate come anticalcare negli impianti industriali, anche se la fonte esatta non è stata identificata.

Il glifosato è uno degli erbicidi più diffusi al mondo, capace di eliminare la maggior parte delle specie vegetali. Agisce bloccando la produzione di un enzima presente solo nelle piante, nei funghi e nei batteri, caratteristica che ne dovrebbe garantire la bassa tossicità per gli animali.

Quando tracce di glifosato sono state rilevate in molti habitat naturali, sono iniziate indagini più approfondite sulla sua sicurezza. Nel 2015 l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro lo ha classificato come un probabile cancerogeno, mentre l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), l’OMS, l’ONU e l'Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche ne hanno ridimensionano i rischi. Alla fine del 2023, dopo un’indagine che ha coinvolto 90 esperti e analizzato circa 2400 studi, l'EFSA non ha trovato criticità tali da giustificarne il divieto, portando la Commissione Europea ad approvare l'uso del glifosato per altri 10 anni.

Il metolaclor è un erbicida impiegato principalmente contro le graminacee infestanti. Agisce impedendo la formazione di grassi essenziali per la costruzione delle cellule vegetali, compromettendo lo sviluppo di radici e germogli. I suoi metaboliti rimangono a lungo negli ambienti acquatici e ormai sono rilevati nelle falde acquifere di tutta Europa. Trattandosi di un erbicida, risulta tossico per alghe, piante acquatiche e fitoplancton; nel lungo periodo può danneggiare anche pesci e altri invertebrati acquatici.

Nel 2022, l'Agenzia europea delle sostanze chimiche ha classificato il metolaclor come possibile cancerogeno. Alla fine del 2023, la Commissione Europea ha deciso di non rinnovarne l'autorizzazione a causa di diverse criticità: oltre alla contaminazione delle acque sotterranee, vengono citati anche i rischi per i mammiferi che si nutrono di lombrichi e vengono esposti al principio attivo accumulato nei loro tessuti.

L'atrazina è un erbicida efficace contro le piante infestanti a foglia larga, usato prima della germinazione delle colture o per tenere in ordine i tappeti erbosi come i campi da golf. Agisce bloccando la fotosintesi, impedendo alle piante di convertire la luce solare in energia.

Nonostante in Italia sia vietata dal 1992, tracce di atrazina continuano a comparire nelle acque, seppure in concentrazioni molto basse. Anche questi livelli ridotti possono rappresentare un rischio: l'atrazina è considerata un interferente endocrino, cioè una sostanza capace di alterare il sistema ormonale anche a dosi minime. Gli effetti dell'atrazina sugli organismi d'acqua dolce, compresi pesci e anfibi, sono ben documentati e includono l'alterazione degli ormoni dello stress, degli ormoni tiroidei e degli ormoni sessuali. Diversi studi segnalano come anche basse concentrazioni siano sufficienti a indurre femminilizzazione nei rospi maschi.

L'imidacloprid è un insetticida sviluppato per combattere parassiti come afidi e locuste. Una volta assorbito dalla pianta, avvelena gli insetti che se ne nutrono agendo sul loro sistema nervoso. Questo meccanismo d'azione può colpire anche organismi preziosi come gli insetti impollinatori: nel 2008, questo insetticida è stato collegato a una moria di api che ha colpito soprattutto le regioni del Nord Italia.

Pur avendo una tossicità relativamente bassa per l'uomo, l'imidacloprid è estremamente dannoso per l'ambiente. Concentrazioni minime risultano tossiche per insetti acquatici e crostacei. Anche quando non è letale per gli impollinatori, è in grado di interferire con i loro meccanismi di orientamento e di riproduzione. A causa di questi rischi, nel 2018 la Commissione Europea ne ha vietato tutti gli usi all'aria aperta e nel 2020 ne ha revocato l'autorizzazione al commercio per scopi agricoli. Lo stesso principio attivo resta però autorizzato in altri prodotti di uso comune, come alcuni antiparassitari per animali domestici.

Il glifosato è uno degli erbicidi più diffusi al mondo, capace di eliminare la maggior parte delle specie vegetali. Agisce bloccando la produzione di un enzima presente solo nelle piante, nei funghi e nei batteri, caratteristica che ne dovrebbe garantire la bassa tossicità per gli animali.

Quando tracce di glifosato sono state rilevate in molti habitat naturali, sono iniziate indagini più approfondite sulla sua sicurezza. Nel 2015 l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro lo ha classificato come un probabile cancerogeno, mentre l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), l’OMS, l’ONU e l'Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche ne hanno ridimensionano i rischi. Alla fine del 2023, dopo un’indagine che ha coinvolto 90 esperti e analizzato circa 2400 studi, l'EFSA non ha trovato criticità tali da giustificarne il divieto, portando la Commissione Eur opea ad approvare l'uso del glifosato per altri 10 anni.

L'atrazina è un erbicida efficace contro le piante infestanti a foglia larga, usato prima della germinazione delle colture o per tenere in ordine i tappeti erbosi come i campi da golf. Agisce bloccando la fotosintesi, impedendo alle piante di convertire la luce solare in energia.

Nonostante in Italia sia vietata dal 1992, tracce di atrazina continuano a comparire nelle acque, seppure in concentrazioni molto basse. Anche questi livelli ridotti possono rappresentare un rischio: l'atrazina è considerata un interferente endocrino, cioè una sostanza capace di alterare il sistema ormonale anche a dosi minime. Gli effetti dell'atrazina sugli organismi d'acqua dolce, compresi pesci e anfibi, sono ben documentati e includono l'alterazione degli ormoni dello stress, degli ormoni tiroidei e degli ormoni sessuali. Diversi studi segnalano come anche basse concentrazioni siano sufficienti a indurre femminilizzazione
nei rospi maschi.

Il metolaclor è un erbicida impiegato principalmente contro le graminacee infestanti. Agisce impedendo la formazione di grassi essenziali per la costruzione delle cellule vegetali, compromettendo lo sviluppo di radici e germogli. I suoi metaboliti rimangono a lungo negli ambienti acquatici e ormai sono rilevati nelle falde acquifere di tutta Europa. Trattandosi di un erbicida, risulta tossico per alghe, piante acquatiche e fitoplancton; nel lungo periodo può danneggiare anche pesci e altri invertebrati acquatici.

Nel 2022, l'Agenzia europea delle sostanze chimiche ha classificato il metolaclor come possibile cancerogeno. Alla fine del 2023, la Commissione Europea ha deciso di non rinnovarne l'autorizzazione a causa di diverse criticità: oltre alla contaminazione delle acque sotterranee, vengono citati anche i rischi per i mammiferi che si nutrono di lombrichi e vengono esposti al principio attivo accumulato nei loro tessuti.

L'imidacloprid è un insetticida sviluppato per combattere parassiti come afidi e locuste. Una volta assorbito dalla pianta, avvelena gli insetti che se ne nutrono agendo sul loro sistema nervoso. Questo meccanismo d'azione può colpire anche organismi preziosi come gli insetti impollinatori: nel 2008, questo insetticida è stato collegato a una moria di api che ha colpito soprattutto le regioni del Nord Italia.

Pur avendo una tossicità relativamente bassa per l'uomo, l'imidacloprid è estremamente dannoso per l'ambiente. Concentrazioni minime risultano tossiche per insetti acquatici e crostacei.

Anche quando non è letale per gli impollinatori, è in grado di interferire con i loro meccanismi di orientamento e di riproduzione. A causa di questi rischi, nel 2018 la Commissione Europea ne ha vietato tutti gli usi all'aria aperta e nel 2020 ne ha revocato l'autorizzazione al commercio per scopi agricoli. Lo stesso principio attivo resta però autorizzato in altri prodotti di uso comune, come alcuni antiparassitari per animali domestici.

Per quanto riguarda la distribuzione dei pesticidi sul territorio italiano, i dati del SNPA non permettono facili confronti tra regioni, poiché i sistemi di monitoraggio variano molto sia per numero di controlli effettuati, sia per sostanze cercate.

La provincia di Trento ha la rete più capillare, con 5 stazioni ogni 100 chilometri quadrati di terreni coltivati, seguita da Friuli Venezia-Giulia (4,6) e Veneto (4). All'ultimo posto c'è la Sicilia (0,3), che però è anche la regione che cerca il maggior numero di pesticidi (250).

Nonostante queste limitazioni, dal rapporto emerge chiaramente come la Pianura Padana sia l'area più critica, dove si trovano la maggior parte delle acque sotterranee con livelli di pesticidi superiori ai limiti di legge. Nelle acque fluviali, i superamenti si riscontrano frequentemente anche lungo la costa adriatica fino a Bari, nel nord della Toscana e nelle province di Perugia e Napoli.

Per individuare le aree con maggiore concentrazione di pesticidi, è utile confrontare due informazioni disponibili a livello provinciale: i già citati dati Istat sulle vendite di pesticidi e l'estensione dei terreni coltivati in ciascuna provincia. Nel 2021, in Italia sono stati venduti mediamente 4 kg di prodotti fitosanitari - peso che si riferisce solo al contenuto di principio attivo - per ogni ettaro coltivato. Alcune province, tuttavia, registrano valori significativamente più elevati.

Vendite di pesticidi per superficie agricola

2021

Dati: ISTAT

Dove si usano più pesticidi?

I dati sulle vendite di pesticidi offrono un'indicazione generale sull'uso di questi prodotti, ma presentano qualche limitazione; ad esempio, possono risultare distorti dalla presenza di grandi centri di distribuzione che riforniscono aree più ampie rispetto alla provincia in cui si trovano. Tuttavia, osservando le province con più pesticidi venduti in rapporto alla superficie coltivata, emergono alcuni tipi di agricoltura che fanno un uso molto elevato di trattamenti fitosanitari.

Tra le 5 province italiane dove le colture in serra sono più diffuse — Latina, Ragusa, Salerno, Verona e Napoli — quasi tutte rientrano anche tra quelle con le più elevate vendite di pesticidi per ettaro. Manca Salerno, ma è plausibile che parte dei prodotti usati in quest’area vengano acquistati nella vicina provincia di Napoli. Le piante coltivate in serra, mantenute in ambienti confinati e umidi, sono particolarmente vulnerabili agli attacchi di parassiti e patogeni, e richiedono trattamenti molto frequenti.

Anche la viticoltura intensiva richiede numerosi trattamenti fitosanitari, in particolare fungicidi, per contrastare le numerose patologie della vite diffuse nel nostro territorio. Questo può spiegare, almeno in parte, l’uso di pesticidi nettamente superiore alla media nazionale in province come Treviso e Verona, rispettivamente seconda e quinta in Italia per produzione vinicola.

Pistoia rappresenta un caso particolare, essendo leader nella coltivazione di piante ornamentali più che alimentari: da questa provincia proviene circa il 25% della produzione vivaistica nazionale. La necessità di uno standard estetico elevato — con piante prive di danni o imperfezioni visive — impone un uso frequente di pesticidi.

Anche nelle coltivazioni da frutto è importante ottenere prodotti visivamente perfetti, garanzia di prezzi di vendita maggiori. Non sorprende quindi che province come Ferrara e Ravenna, importanti centri di frutticoltura intensiva, siano tra i territori con il maggior consumo di pesticidi. Nella provincia di Ferrara oltre l'80% delle superfici coltivate è occupato da frutteti.

Andamento* dell'indice di rischio legato all'uso di pesticidi

*riferito al periodo 2015-2017

Dati: SNPA

Andamento* dell'indice di rischio legato all'uso di pesticidi

*riferito al periodo 2015-2017

Dati: SNPA

Gli obiettivi europei sull’utilizzo dei pesticidi chimici

Per oltre mezzo secolo gli ecosistemi sono stati esposti a un mix di sostanze inquinanti, e anche gli esseri umani non sono stati risparmiati da questa contaminazione. Tra il 2014 e il 2021 l'Iniziativa Europea di Biomonitoraggio Umano (HBM4EU) ha condotto un'indagine su larga scala in adulti e bambini di cinque paesi europei, di cui l’Italia non fa parte.

Nei corpi dell'84% dei partecipanti sono state trovate tracce di almeno due pesticidi, con valori più alti nei bambini - che sono esposti a maggiore quantità di sostanza in rapporto al peso corporeo. Per la maggior parte delle persone, la principale fonte di esposizione è il cibo. Una recente ricerca dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) suggerisce però che l’esposizione alimentare difficilmente rappresenti un rischio per la salute dei consumatori, anche se lo studio considera solo i singoli pesticidi e non analizza possibili effetti combinati.

Altre fonti includono l'acqua potabile e, soprattutto per chi vive nei pressi di campi coltivati, l'aria durante i periodi dei trattamenti fitosanitari.Per mitigare una situazione che persiste da decenni, l'Unione Europea ha proposto una soluzione concreta attraverso la strategia Farm to Fork del Green Deal: ridurre del 50% l'uso e il rischio dei pesticidi chimici entro il 2030.

Questo obiettivo viene monitorato attraverso un indice specifico, che considera sia la quantità di pesticidi venduti, sia la loro pericolosità. Da questo indicatore arriva almeno un dato incoraggiante: l'Italia ha quasi raggiunto il suo obiettivo, con progressi persino più rapidi rispetto alla media europea.

Nota: I risultati del monitoraggio 2021 non includono i dati delle acque superficiali e sotterranee della Calabria e delle acque sotterranee della Basilicata. I dati delle Marche rappresentano solo una parte dei pesticidi ricercati a causa di un attacco informatico che ha compromesso parte dei dati. Sono rappresentate solo le frequenze di ritrovamento statisticamente rilevanti, con presenze superiori a 90 campioni nelle acque superficiali e 20 nelle acque sotterranee.