Verso un mondo
sostenibile
La crisi del clima incombe, come e più della crisi pandemica che stiamo attraversando. Da qui al 2050, un innalzamento delle temperature medie di 3 gradi centigradi rispetto all'epoca preindustriale potrebbe innescare, secondo il Climate Reality Check, il famoso studio diretto da Ian Dunlop e David Spratt del Breakthrough National Centre for Climate Restoration di Melbourne, effetti a catena disastrosi. Il mondo sostenibile, dunque, non è una opzione ma una strada obbligata. E le tecnologie per costruirlo, come vedremo in questo longform, ci sono tutte.
L'alfabeto della sostenibilità
I podcast di Radio24
Le emissioni globali di gas serra continuano a crescere, malgrado gli ammonimenti degli scienziati e gli sforzi delle Nazioni Unite, che hanno spinto 188 Paesi a ratificare l'Accordo di Parigi sul clima, impegnandosi a fare di tutto per limitare il surriscaldamento entro il limite di 1,5 gradi centigradi o al massimo di 2 gradi.
Concentrazione di CO2 nell'atmosfera
Parti per milione (ppm) di CO2 presenti nell’atmosfera terrestre. Secondo le misurazioni effettuate all’osservatorio di Mauna Loa, Hawaii, per i dati dopo il 1958. In base alle stime derivate dal carotaggio dei ghiacci in Antartide per i dati antecedenti al 1958. Dati dall’anno 1 d.c. a oggi. Fonte: NOAA e Scripps Institution of Oceanography
Negli ultimi 30 anni sono stati rilasciati in atmosfera più gas serra di quelli prodotti in tutta la storia precedente, provocando un innalzamento delle temperature medie di circa 1°C e una crescente instabilità del clima. Continuando al ritmo attuale di 50 miliardi di tonnellate di gas serra rilasciate ogni anno in atmosfera, il budget di carbonio che ci resta a disposizione se vogliamo limitare il surriscaldamento a 1,5°C sarà esaurito, in base ai calcoli dell'Ipcc, in poco più di 7 anni a partire da oggi e in meno di 25 anni si arriverà a 2°C.
Variazione della temperatura terrestre
Incremento mensile, in gradi, della temperatura della superficie terrestre ed oceanica, rispetto alla temperatura media del 20esimo secolo. Dati dal 1880 a oggi. Fonte: NOAA
In questa corsa contro il tempo, 73 Paesi del mondo, compresa l'Unione Europea, si sono impegnati ad azzerare le proprie emissioni nette entro il 2050, mentre la Cina punta ad arrivarci entro il 2060. Gli Stati Uniti, che sono il Paese con le emissioni cumulate più alte (400 miliardi di tonnellate complessivi, ovvero un quarto di tutte le emissioni causate dalle attività umane dal 1750 ad oggi) si sono appena ritirati dall'Accordo di Parigi, ma dovrebbero rientrarci quando il nuovo presidente Joe Biden sarà insediato alla Casa Bianca.
L’utilizzo di energia rinnovabile nel mondo
Quota di energia primaria nazionale prodotta da fonti rinnovabili. Le fonti di energia rinnovabili comprendono l'energia idroelettrica, solare, eolica, geotermica, bioenergetica, del moto ondoso e delle maree. Dati riferiti al 2019. Fonte: IBP Statistical Review of World Energy e Our World in Data***
La buona notizia è che sia negli Usa che negli altri Paesi industrializzati le emissioni hanno già raggiunto il picco e stanno calando. La Cina, che in questi 270 anni ha emesso complessivamente la metà dei gas serra degli Usa, ma oggi è di gran lunga il primo emettitore, ha appena annunciato l'intenzione di anticipare il più possibile il picco e cominciare a calare prima del 2030.
Il punto è decarbonizzare rapidamente le attività umane, partendo dalle principali responsabili, che sono la generazione di elettricità e calore (30%), l'agricoltura e allevamento (18%), i trasporti (18%), l'industria (17%), gli edifici (8,6%) e altre fonti varie (8,5%), comprese le emissioni fuggitive dell'industria petrolifera. Le tecnologie per farlo ci sono già tutte.
Emissioni di gas serra per settore nel mondo
Fonte: Climate Watch
Il consumo di petrolio potrebbe aver raggiunto il suo picco
Con un crollo della domanda di energia primaria del 6%, sei volte più ampio del calo imputato alla crisi del 2008, il 2020 potrebbe passare alla storia come l'anno della svolta nei consumi di petrolio, anche se nel 2021 è atteso un rimbalzo importante rispetto alla caduta di quest'anno.
Rinnovabili in controtendenza
Le rinnovabili per produzione di energia elettrica cresceranno di quasi il 7% nel 2020, nonostante un calo della domanda energetica globale del 5%. Questo compensa il calo delle bioenergie nell’industria e biocarburanti nei trasporti. Il saldo delle rinnovabili nel 2020 è +1%
Il rimbalzo potrebbe, però, non essere così marcato da farci tornare ai 100 milioni di barili di petrolio al giorno consumati nel 2019, in base ai dati dell'ultimo Energy Outlook di Bp, analizzatio da Carbon Brief. In questo caso, il 2019 resterà nei secoli come l'anno del picco dei consumi di greggio, fonte fossile per eccellenza, alla base dello sviluppo industriale del Novecento e in larga misura artefice della crisi del clima, oltre che delle immense ricchezze ammassate nei forzieri degli sceicchi e del Cremlino.
La folgorante parabola dell'oro nero, che sembrava destinato a crescere ancora per decenni e invece ora potrebbe avere già scollinato, coincide specularmente con quella delle fonti rinnovabili, che negli ultimi anni hanno preso l'abbrivio e a partire da questo hanno messo il turbo, con 200 gigawatt di nuove installazioni, soprattutto solari, eoliche e idroelettriche, sull'onda dell'elettrificazione di tutti i settori, sostenute dal flusso crescente degli investimenti mondiali sull'energia verde, che ormai hanno superato la soglia dei 300 miliardi di dollari all'anno, contro un calo del 20% negli investimenti complessivi sull'energia, secondo le stime della Iea.
Le rinnovabili saranno leader della generazione elettrica nel 2025
Secondo le stime Iea, la capacità installata di rinnovabili supererà il carbone nel 2025
Goldman Sachs prevede che lo sforzo di decarbonizzazione del settore energetico raggiungerà i 16mila miliardi di dollari di investimenti complessivi in questo decennio, portando a un salto di qualità infrastrutturale analogo a quello che ha sospinto l'ascesa dei Brics negli ultimi vent'anni.
L'impegno della Cina ad azzerare le sue emissioni nette entro il 2060, il Green New Deal dell'Unione europea e il programma di energia pulita da duemila miliardi di dollari proposto dal presidente eletto Joe Biden porteranno le tre maggiori economie del mondo a remare nella stessa direzione.
Tutto sta a vedere chi riuscirà a conquistare posizioni di leadership in questa gara a ridurre i consumi di fonti fossili, che nel 2019 hanno prodotto ancora i quattro quinti dell'energia utilizzata per alimentare l'economia mondiale.
Meno carni rosse, più carni bianche
Il sistema alimentare nel suo complesso è fra i principali responsabili dell'effetto serra: il rapporto speciale dell'Ipcc su clima e suolo stima che il 37% delle emissioni totali siano attribuibili al sistema alimentare considerando il suo ciclo completo, dall'agricoltura e dall'allevamento alla conservazione, al trasporto, all'imballaggio, alla lavorazione, al dettaglio, al consumo e ai rifiuti.
Le emissioni di CO2 in agricoltura
Fonte: Climate Watch
L'allevamento figura al primo posto, con il 15-18% delle emissioni globali (sempre considerando il ciclo completo), e allo spreco alimentare si attribuisce l'8% delle emissioni. Quindi lo stesso sistema di produzione del cibo è una delle cause principali dei propri guai, visto che l'emergenza climatica colpisce soprattutto l'agricoltura, riducendo molto le rese per l'aumento della siccità. Gli scienziati dell'Ipcc hanno più volte ribadito che il taglio dei consumi di carne e degli sprechi alimentari figurano ai primi posti nella battaglia contro la crisi del clima.
La buona notizia è che la Fao ha registrato una diminuzione della produzione globale di carne nel 2019 e prevede un calo anche per quest'anno, in parte derivato dal crollo dei consumi cinesi. Bisogna vedere che cosa accadrà dopo la pandemia, ma due anni consecutivi di declino sono senza precedenti nella storia, per cui potrebbero rappresentare "l'inizio di un trend durevole", in base a un'analisi di Bloomberg New Energy Finance.
Il calo della produzione globale, inoltre, arriva dopo una diminuzione del consumo pro capite di carne nel 2019, che secondo i dati della Fao dovrebbe continuare anche quest'anno, totalizzando un calo dei consumi pro capite quasi del 5% dal 2018. I consumi pro capite di carne bovina hanno raggiunto il loro picco già alla fine degli anni '70 e il consumo di carne di maiale nel 2015, mentre il pollo continua ad aumentare e agli attuali tassi di crescita supererà presto il maiale.
Questo punto è essenziale in termini di emissioni di gas serra, visto che la carne bovina è di gran lunga la più impattante, con 60 chili di CO2 equivalente emessi per ogni chilo di prodotto, contro meno di 10 chili per suini e pollame. "La produzione di carne bovina è un settore ad altissime emissioni, soprattutto per il cambio di destinazione del suolo con la deforestazione rampante per fare spazio ai pascoli", osserva Bnef.
La soluzione più semplice per tagliare le emissioni dell'agricoltura è utilizzare meno suolo e la tendenza a sostituire la carne bovina con il pollame lo sta già facendo.
La corsa delle auto elettriche: così viene rivoluzionata la mobilità
Il settore dei trasporti, responsabile di quasi un quinto delle emissioni globali di gas serra, è in piena transizione verso la trazione elettrica, che potrebbe abbatterle in modo significativo. Nei Paesi industrializzati, questa quota è ancora più alta: nell'Ue attualmente i trasporti sono responsabili di un quarto delle emissioni a effetto serra e consumano un terzo di tutta l'energia finale, che proviene principalmente dal petrolio.
Le emissioni di CO2 nei trasporti
Fonte: Climate Watch
Quando si parla di trasporti, il problema più grave è posto dal traffico su strada: auto, furgoni, camion e autobus producono circa il 75% delle emissioni di gas a effetto serra generate dai trasporti.
Oltre all'effetto serra, i trasporti su strada sono anche una delle fonti principali di inquinamento atmosferico, soprattutto nelle città, dove si concentrano le emissioni di particolato e di biossido di azoto, che danneggiano la salute e l'ambiente.
Sulla mobilità sostenibile la Cina è in pole position, con quasi metà del mercato dei veicoli elettrici, ma anche l'Ue si sta impegnando con normative sempre più stringenti. Le auto elettriche quest'anno hanno triplicato la loro quota di mercato in Europa, grazie ai nuovi limiti imposti alle compagnie automobilistiche ed entrati in vigore a partire dal 1° gennaio.
In base alle stime di Transport & Environment, i veicoli elettrici raggiungeranno il 10% del mercato europeo quest'anno (dal 3% del 2019) e il 15% l'anno prossimo. Sull'onda di questo cambiamento, sempre più Paesi europei si stanno impegnando a mettere al bando la vendita di auto con il motore endotermico, fra il 2030 dei Paesi scandinavi e il 2040 di Francia e Spagna.
La pandemia di Covid-19, nel frattempo, ha contribuito ad accelerare la transizione verso una mobilità più pulita nelle città. Con il calo del traffico automobilistico durante il lockdown, si è aperta una finestra di opportunità per riallocare lo spazio pubblico e i sindaci ne hanno approfittato subito per ridisegnare le città e dare più spazio a pedoni e ciclisti.
In tutto il mondo c'è stato un movimento corale verso la mobilità dolce, con la creazione di nuove piste ciclabili e la chiusura di molte strade alle macchine.
L’industria trasformerà i rifiuti in una risorsa
La decarbonizzazione dell'industria passa attraverso il concetto di economia circolare, in particolare per l'industria pesante, che è la principale consumatrice di risorse naturali nel mondo. In Europa il consumo dell'industria chimica, dell'acciaio e del cemento si aggira intorno agli 800 chili di materiali pro capite all'anno e solo questo comparto è responsabile del 14% dei gas serra europei. Per quanto riguarda la plastica, i prodotti nuovi contengono meno del 10% di materia riciclata.
Le emissioni di CO2 nell'industria
Fonte: Climate Watch
Mantenere questo modello di sfruttamento lineare, nella logica seguita finora di scavare, confezionare, consumare e buttare, significa confrontarsi con una sempre maggiore scarsità delle materie prime, che già oggi manifestano una preoccupante volatilità dei prezzi, con un incremento medio del 150-200% nell'ultimo decennio.
Il sistema industriale deve ripensare dunque i suoi modelli di produzione e i suoi prodotti finali, in modo da trasformare i rifiuti in una risorsa, come suggerisce anche lo studio Industrial Transformation 2050, curato dall'università di Cambridge insieme a Material Economics, su incarico della European Climate Foundation.
Il corretto riuso e riciclo dei materiali, con l’organizzazione di processi industriali più sostenibili, potrebbe determinare in Europa una riduzione delle emissioni fino a 175 milioni di tonnellate di CO2 all’anno. Concentrando gli sforzi in questa direzione, entro il 2050 "il 70% dell'acciaio e della plastica potrebbero essere prodotti utilizzando materie prime riciclate”, sostiene lo studio, con evidenti benefici per l'ambiente e per la competitività dell'industria europea.
L'altro aspetto è l'innovazione: con dei processi di produzione a bassa intensità di carbonio si potrebbero abbattere le emissioni dell'industria pesante europea di altri 200 milioni di tonnellate all'anno.
La buona notizia è che la transizione verde dell'industria pesante europea non sarebbe molto costosa: complessivamente, secondo lo studio, queste misure potrebbero costare 40-50 miliardi di euro all'anno all'economia dell'Ue, con una ricaduta di meno dell'1% sui prezzi delle auto e degli edifici. Solo in questo modo, secondo lo studio, l'Unione Europea riuscirà a centrare il suo obiettivo di azzerare le emissioni nette entro il 2050.
Edifici a emissioni zero e riqualificazione dell’esistente
Le città guideranno la transizione verso gli edifici a zero emissioni, visto che quasi il 90% dei consumi di energia nelle costruzioni vengono dalle aree urbane e la loro rapida espansione le sta portando verso un raddoppio del costruito da qui al 2060, in base alle stime del World Resources Institute.
Le emissioni di CO2 nell'edilizia
Fonte: Climate Watch
Efficienza energetica ed elettrificazione sono le due parole d'ordine per centrare l'obiettivo di azzerare le emissioni degli edifici, che in alcuni Paesi è già obbligatorio per tutte le costruzioni nuove.
La buona notizia è che gli edifici a emissioni zero utilizzano tecniche già ampiamente rodate e non sono più costosi degli altri, anzi. Per ogni dollaro investito in efficienza energetica, secondo il Wri, ne tornano indietro 3 nel corso del tempo, con 2 dollari risparmiati sulla bolletta energetica, per non parlare dei costi sanitari risparmiati grazie al calo dell'inquinamento nelle città.
Il problema principale, soprattutto in continenti "vecchi" come l'Europa, è la rigenerazione del patrimonio edilizio già costruito che non si può certo abbattere e ricostruire da zero con tecniche più efficienti. Per gli edifici esistenti ci sono tecniche di decarbonizzazione consolidate, come ad esempio gli involucri prefabbricati per la coibentazione messi a punto dall'organizzazione olandese Energiesprong e ormai diffusi in tutta Europa, compresa l'Italia.
Con l'industrializzazione del processo di rigenerazione, il governo olandese è riuscito a riqualificare un ampio e diversificato patrimonio di housing sociale, intervenendo su involucro e impianti con cappotti e infissi preassemblati, a un costo che si ripaga rapidamente con la riduzione dei consumi.
Il programma, avviato sei anni fa, prevede la riqualificazione di oltre 100mila appartamenti, con garanzia dell'azzeramento dei consumi e quindi delle emissioni totali dell'edificio. Gli edifici e le comunità a zero emissioni stanno rapidamente diventando mainstream, con il supporto di istituzioni globali come il World Green Building Council, Architecture 2030 o la Global Alliance for Buildings and Construction.
Città, aziende e organizzazioni immobiliari si sono già impegnate ad azzerare le emissioni di tutto il loro portafoglio entro il 2030 e anche in Italia la corsa alla decarbonizzazione è iniziata da tempo, grazie agli incentivi per le ristrutturazioni energetiche ora ancora più spinti con l’ecobonus.
La forte spinta della digitalizzazione
I processi di digitalizzazione sono la killer application per l'efficiantamento di tutti i settori, dalla generazione elettrica all'agricoltura, dalla produzione industriale agli edifici. La digitalizzazione dell'energia, sia sul lato consumi che sul lato dei processi produttivi, sta già dando i suoi frutti, con notevoli risparmi energetici grazie al costante monitoraggio dei flussi.
La nascita di interi settori - come quello della sharing economy, che consente un enorme efficientamento trasformando la fruizione dei prodotti in servizio - sono figli della digitalizzazione diffusa, che sta cambiando il volto dell'economia globale. L'intelligenza delle reti sta diventando essenziale per integrare nei sistemi elettrici milioni di impianti a fonti rinnovabili di generazione distribuita.
L'integrazione fra la produzione elettrica intermittente del solare e dell'eolico con i sistemi di storage e con le reti ad alta tensione è essenziale per la decarbonizzazione dei sistemi elettrici. Le smart cities fanno parte di questa evoluzione verso l'intelligenza dei sistemi, che ormai è diffusa in tutte le reti, dalle forniture idriche alla raccolta differenziata dei rifiuti.
La digitalizzazione è essenziale anche per la diffusione dell'auto elettrica, che dovrà essere sempre più interconnessa con tutti gli altri sistemi di trasporto, con le colonnine di ricarica e anche con la rete elettrica, quando ci potrà essere uno scambio bidirezionale fra batterie e rete.
In un futuro non lontanissimo, dovrà essere possibile per un consumatore qualsiasi comprare energia quando è più conveniente e stoccarla in un accumulo domestico o nella batteria dell'auto elettrica, per utilizzarla più tardi, oppure sfruttarla subito accendendo a distanza i suoi elettrodomestici con un'app.
I sistemi di demand response, che servono per livellare i picchi della domanda elettrica, offrendo la possibilità agli utenti di ridurre i propri consumi quando la rete è sotto pressione, in cambio di un taglio delle bollette, consentono di utilizzare la rete elettrica in maniera molto più efficiente, integrando le fonti rinnovabili intermittenti senza la necessità di mantenere in funzione una serie di grandi centrali come backup. Sono sistemi che possono essere attivati ormai sia dalle aziende che dai privati e si svilupperanno sempre di più nei prossimi anni.
*Viene utilizzata la rilevazione giornaliera di CO2 fatta dal NOAA al laboratorio di Mauna Loa come dato da cui far partire quotidianamente il contatore. La sua progressione è poi calcolata sulla base della variazione settimanale media nell'ultimo anno, sempre secondo i dati NOAA, della concentrazione nell'atmosfera di CO2, poi imputata al secondo.
**La fonte per il calcolo è Global forest watch, sito lanciato dal World Resources Institute insieme a Google per monitorare lo stato di salute delle foreste nel mondo.
***La quota di energia è stata calcolata da Our World in Data in base al "metodo della sostituzione" che tiene conto delle inefficienze nella produzione di combustibili fossili ed è una migliore approssimazione del consumo di "energia finale".