Transizione energetica

La sfida
del secolo

A che punto siamo rispetto all’obiettivo neutralità climatica al 2050?
In VERDE sono mostrati i Paesi che hanno un obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra fissato per legge o nelle policy, mentre in BLU si vedono i Paesi che hanno un target in fase di proposta o discussione. Gli Stati colorati in ROSSO non hanno un target fissato per ridurre le emissioni. Infine, in VERDE SCURO sono segnati i Paesi che hanno dichiarato di aver già raggiunto il proprio target
I Paesi che hanno un obiettivo chiaro per la riduzione delle emissioni si concentrano soprattutto in Europa, Asia e Oceania. L'Africa è il continente con il maggior numero di Stati senza alcun vincolo per la riduzione di gas serra, mentre in Nord America pesa la decisione degli Stati Uniti di uscire di nuovo dall'accordo di Parigi. Sono quattro in tutto il pianeta (Buthan, Gabon, Guyana e Suriname) i Paesi che dichiarano di aver già raggiunto l'obiettivo di neutralità carbonica
di Massimo De Laurentiis
16 ottobre 2025

Ogni epoca ha delle sfide che la definiscono. La nostra deve affrontare una delle sfide più grandi di sempre: riuscire a conciliare una domanda di energia senza precedenti con il contrasto alla crisi climatica.

Per decenni il modo in cui le società più tecnologicamente avanzate hanno prodotto e consumato energia ha contribuito ad alterare l’equilibrio del pianeta. Oggi è arrivato il momento di ripensare questo sistema, trasformando i problemi in nuove opportunità.

delimitatore di sezione

Le sfide delle emissioni

La transizione energetica è una parte fondamentale in questo sforzo, con l’obiettivo principale di ridurre le emissioni di gas serra, responsabili dei cambiamenti climatici. Un momento chiave in questo percorso è stato l’accordo di Parigi del 2015, con cui molti Paesi si sono impegnati in uno sforzo collettivo per contenere il riscaldamento globale.

Tra gli obiettivi del trattato c’è il contenimento della temperatura media del pianeta entro 1,5°C in più rispetto ai livelli preindustriali. L’Unione Europea ha sottoscritto questo proposito e gli Stati membri hanno ratificato l’accordo, impegnandosi entro il 2030 a ridurre le emissioni del 55% rispetto al 1990 per raggiungere la neutralità climatica nel 2050.

Come sono messi i paesi più importanti dell'OCSE rispetto ai target ambientali?

Il grafico mostra il progresso rispetto agli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030
Fonte: Ember's Global Renewable Targets Data (2030)

In Italia le ultime rilevazioni Ispra indicano che il livello delle emissioni nel 2023 è calato del 26% rispetto al 1990. Un andamento positivo dovuto in gran parte alla crescita delle fonti rinnovabili unita alla diminuzione dei combustibili con una maggiore impronta carbonica. Le proiezioni però parlano chiaro: di questo passo il target per il 2030 non verrà raggiunto. Proseguendo con le politiche correnti, tra cinque anni l’Italia emetterà il 38% in meno rispetto al 1990, mentre considerando uno scenario futuro che preveda sforzi aggiuntivi si arriverà a - 49%. Un risultato vicino agli obiettivi europei ma comunque non sufficiente.

Il trend dell’Unione nel suo complesso mostra una situazione simile. Nel 2023 si è arrivati a un calo del 37% rispetto a trentacinque anni fa, ma le previsioni per il 2030 indicano un - 43% con le politiche attuali e un - 49% con l’implementazione di nuove misure più stringenti. Numeri che fanno sembrare ancora molto lontano l’obiettivo più ambizioso, il net zero fissato al 2050, anno in cui secondo le stime si raggiungerà solo una diminuzione di circa il 66% rispetto ai livelli del 1990

Lo scenario globale è ancora più complesso. Paesi come la Cina, l’India e la Russia hanno emissioni solo in lieve calo o addirittura in aumento e si trovano stabilmente in cima alla classifica. Inoltre, l’uscita dall’accordo di Parigi degli Stati Uniti, tuttora secondo Paese al mondo per emissioni di gas serra, aggiunge incertezza in un contesto in cui servirebbero sforzi ingenti e tempestivi. Guardando al totale delle emissioni del pianeta, la curva indica una crescita di gas serra che va nella direzione opposta rispetto agli obiettivi del trattato sul clima

Com’è cambiato il mix energetico

Transizione verde significa trasformare il sistema di produzione dell’energia, riducendo l’utilizzo di fonti con un impatto ambientale elevato e privilegiando quelle più sostenibili. Dal 2000 a oggi questa trasformazione ha portato a una crescita considerevole delle rinnovabili a discapito dei combustibili fossili.

Una tendenza già visibile a livello globale, seppur con grosse differenze a seconda delle aree geografiche. La Cina, ad esempio, è il più grande investitore in energia pulita, ma allo stesso tempo continua ad aumentare l’uso del carbone, registrando livelli record di emissioni.

La produzione di energia elettrica

I dati dal 2000 ad oggi. Quota % a confronto e produzione in TWh (terawattora)
Fonte: Ember

In Europa la situazione è diversa, con il carbone che ormai gioca un ruolo marginale nella produzione di energia elettrica, insieme alle altre fonti fossili in calo.

L’Italia segue la stessa traiettoria. Nel nostro Paese le rinnovabili coprono ormai quasi la metà del fabbisogno energetico totale, una crescita trainata soprattutto dal settore eolico e fotovoltaico.

L’obiettivo per il 2030 è arrivare a due terzi dell’elettricità prodotta da rinnovabili. Spesso ci sono ritardi negli incentivi e nelle autorizzazioni per i nuovi impianti, ma il nostro tessuto industriale è attrezzato per raggiungere questi risultati. Bisogna accelerare e arrivare a 10GW di nuove installazioni all’anno
Vittorio Chiesa ● Direttore Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano
delimitatore di sezione

Le tecnologie protagoniste

Tra le rinnovabili, i pilastri fondamentali della transizione sono l’energia solare e quella eolica, settori in cui in Italia esistono ancora dei margini di miglioramento. “Una prospettiva interessante per il nostro Paese è legata allo sviluppo dell’eolico offshore, soprattutto galleggiante” - racconta Chiesa - “Abbiamo una grande disponibilità di coste ma l’attuale capacità è praticamente nulla, esiste solo un impianto”.

Italia
228.900
occupati nel settore delle rinnovabili nel 2023
Fonte: EurObserv‘ER
Europa
1.810.000
occupati nel settore delle rinnovabili nel 2023
Fonte: IRENA
Mondo
16.200.000
occupati nel settore delle rinnovabili nel 2023
Fonte: IRENA
Fonti: EurObserv‘ER, IRENA

Secondo IRENA, a fine 2024 si contano 79 GW di potenza eolica offshore installata a livello globale. In Europa, la potenza totale ammonta a 35,6 GW, con in testa Regno unito (14,7 GW), Germania (9,2 GW) e Paesi Bassi (4,7 GW). In Italia al momento è presente un solo parco eolico near shore a Taranto, con una potenza complessiva di 30 MW.

Tuttavia, un report di Legambiente sottolinea che il nostro Paese è ricco di progetti che non vengono realizzati per via del lungo e complicato iter burocratico. Dall’analisi di Legambiente emergono 93 installazioni rimaste sulla carta e distribuite in 10 regioni, per un potenziale totale di 74 GW.

I progetti dell’eolico offshore in Italia

Numero di progetti per area geografica e potenza in Mw
Fonte: JRC - EDGAR
delimitatore di sezione

Focus nucleare

Un’altra tecnologia protagonista nel percorso di decarbonizzazione è il nucleare. A oggi risultano attivi 412 reattori al mondo, distribuiti in 31 Paesi. Altri 63 reattori sono attualmente in costruzione, con la Cina in testa a quota 29 impianti in via di realizzazione.

Numero di reattori nucleare per Paese

Stati con il maggior numero di impianti e relativa capacità elettrica in GWE
Fonte: PRIS - IAEA

In questo campo, l’innovazione ha aperto nuove possibilità anche per i Paesi che non hanno infrastrutture per il nucleare civile. In Italia, dove dopo il referendum del 1987 le centrali allora attive sono state chiuse, da poco si è tornato a parlare di questa opzione. Una delle tecnologie più interessanti per il futuro sono gli Small Nuclear Reactors (SMR), tipi diversi di piccoli reattori modulari progettati per essere trasportati e installati nei siti prescelti. Una nuova frontiera della produzione di energia nucleare che aumenta la scalabilità e permette una gestione più agile.

Quanti sono i progetti attivi?

Numero delle tecnologie SMR in via di sviluppo
Fonte: NEA (Nuclear Energy Agency)

“Non arriveremo mai al 100% rinnovabili: un 10 - 15% del fabbisogno totale dovrà arrivare da altre fonti. In prospettiva per il 2050 il nucleare, essendo a emissioni nulle, è un’opzione interessante da prendere in considerazione”, spiega il direttore Chiesa. Le tecnologie nucleari possono affiancare le rinnovabili, garantendo una maggiore stabilità, sicurezza e indipendenza del sistema energetico nazionale. Tuttavia, nel caso dell’Italia esistono ancora delle criticità da superare:

Gli SMR sono promettenti ma ancora in fase sperimentale: realisticamente se ne parlerebbe non prima della seconda metà degli anni ’30. Inoltre, restano alcuni nodi irrisolti legati alla nostra storia e all’accettazione sociale di questo tipo di energia. Rimane il problema di dove costruire le centrali, quante costruirne, come gestire le scorie
Vittorio Chiesa ● Direttore Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano

Per superare queste difficoltà nel 2025 è nata Nuclitalia, una joint venture con la partecipazione di Enel, Ansaldo Energia e Leonardo. La società ha l’obiettivo di far ripartire il settore del nucleare italiano, studiando lo sviluppo di nuovi reattori, soprattutto SMR e impianti di quarta generazione, ancora in fase di ricerca. Secondo il nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima, per il 2050 si prevedono tra gli 8 e i 16 GW di potenza nucleare installata.

C’è poi il capitolo fusione nucleare, una tecnologia ancora solo sulla carta che punta a sfruttare l’energia sprigionata dalla fusione degli atomi. Si tratta di una possibilità che aprirebbe una nuova stagione nella generazione di energia pulita. Per lungo tempo la fusione è stata descritta come un sogno perennemente rinviato a “vent’anni da questo momento”. Oggi, secondo i dati raccolti dalla Fusion Industry Association, è una fonte in sviluppo che sta facendo passi avanti concreti e attrae sempre più interesse.

Finanziamenti per la fusione

Quota di investimenti pubblici e privati. In miliardi di dollari
Fonte: Fusion Industry Association

Sebbene gli investimenti in fusione siano molto aumentati, per un impiego su larga scala ci sono ancora delle sfide ingegneristiche da superare e l’orizzonte temporale è incerto. Le stesse compagnie che operano nel settore stimano che le prime soluzioni disponibili per l’uso commerciale arriveranno solo a partire dalla metà del prossimo decennio, se non dopo il 2040.

Finanziamenti per la fusione

Quota di investimenti pubblici e privati. In miliardi di dollari
Fonte: Fusion Industry Association
delimitatore di sezione

Focus AI

L’intelligenza artificiale è ormai entrata a far parte di ogni settore, promettendo una maggiore efficienza e produttività. Anche nel campo della transizione energetica, come sottolineato da Chiesa, questa tecnologia trova delle applicazioni importanti: “L’AI può avere un ruolo nella gestione intelligente dei consumi domestici e industriali, nel controllo degli impianti rinnovabili distribuiti sul territorio, nell’ottimizzazione delle comunità energetiche. Ci sono nuove opportunità legate alla digitalizzazione che è già in essere e che con l'intelligenza artificiale fa un passo avanti”.

Dall’altro lato, la corsa all’AI porta con sé dei nuovi problemi legati all’aumento della domanda di energia dei data centers necessari per far funzionare i modelli, con implicazioni anche per l’ambiente in termini di emissioni e consumo d’acqua. “A oggi mi sembra che la sfida più grande riguardi i rischi di un aumento spropositato del fabbisogno energetico. Si tratta di un fattore ancora poco considerato nelle previsioni e nei piani per far fronte a questo problema”, spiega l’esperto del Politecnico di Milano.

Emissioni di CO2 per l'addestramento dell'AI

Stima della carbon footprint del training dei principali modelli
Fonte: Stanford AI Index Report

Secondo un report del Berkeley Lab, nel 2023 i data centers americani hanno utilizzato 66 miliardi di litri d’acqua, che potrebbero crescere fino a 124 miliardi di litri nel 2028. Per quanto riguarda l’energia elettrica, l’AI ha richiesto 4,5 GW di potenza che nei prossimi tre anni raggiungerà una cifra tra 14 GW e 18,7 GW.

Crescita del fabbisogno energetico
dei data centers

Crescita del fabbisogno energetico dei data centers

Consumo dei data centers in rapporto al consumo globale di elettricità, con previsioni fino al 2030
Fonte: Goldman Sachs; Bloomberg; EIA; EPRI; Deloitte

Impatto dell'AI sul consumo
dei data centers

Impatto dell'AI sul consumo dei data centers

Fabbisogno energetico dell'intelligenza artificiale in rapporto al consumo dei data centers
Fonte: Schneider Electric
Visti i tassi di consumo dei data centers, soprattutto per aree come l’Europa che non hanno una spiccata indipendenza energetica, il rischio è che sia necessario ricorrere a fonti tradizionali e importazioni per far fronte alla domanda
Vittorio Chiesa ● Direttore Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano

Principali fonti di energia usate dai data centers

Le rinnovabili sono in testa, seguite dai combustibili fossili
Fonte: DatacenterDynamics; Prime Data Centers
delimitatore di sezione

La sfida della mobilità elettrica

Se nel campo della produzione di energia verde l’Italia e l’Europa hanno raggiunto dei buoni risultati, il settore dei trasporti presenta maggiori criticità. La diffusione di automobili elettriche è ancora limitata rispetto agli obiettivi e la trasformazione dell’industria auspicata non è ancora avvenuta.

Evoluzione della quantità di automobili elettriche circolanti nell'UE

Nel 2024 il totale ti veicoli elettrici in Europa ha quasi raggiunto sei milioni di unità
Fonte: Eurostat

In Italia le auto elettriche sono meno di 300.000 e le emissioni del settore dei trasporti, derivanti per il 90% dal traffico stradale, sono cresciute del 7% rispetto ai livello del 1990. “Esistono anche altre soluzioni per ridurre l’impatto ambientale, ad esempio i biocarburanti, ma una completa decarbonizzazione dei trasporti passa necessariamente da una penetrazione dell’elettrico ben più alta di quella attuale”, conclude Chiesa.

Percentuale di automobili elettriche nei Paesi europei

Nell’unione c’è una grande disparità nella diffusione di veicoli elettrici tra i vari Stati
Fonte: Eurostat

La percentuale di auto elettriche in Unione Europea si attesta su una media del 13,6% nel 2024, in calo di un punto percentuale rispetto all’anno precedente. Tra i diversi Paesi membri il dato è molto variabile: gli Stati più virtuosi sono Danimarca (51,3%), Malta (37,7%) e Svezia (34,9%). L’Italia si colloca nella parte bassa della classifica con il 4,2%, solo quattro posizioni più in alto della Croazia, ultima con l’1,8% di auto elettriche sul totale di veicoli circolanti.

Torna all'indice