A cura di Alberto Guidi - 21 giugno 2022
Durante la guerra fredda ci eravamo abituati a presidenti che viaggiavano con la valigetta nucleare al seguito. Per poi illuderci che questo spettro di una guerra atomica si fosse dissolto con il crollo dell’Unione Sovietica. Ma la minaccia nucleare è ora tornata quanto mai attuale, aleggiando frequentemente nelle dichiarazioni degli attori protagonisti della tragedia del conflitto in Ucraina. Il 28 febbraio, Putin ha poi ordinato l'allerta del sistema difensivo nucleare russo. Per quanto questa messa in allerta sia ben lontana dall’effettiva preparazione di un attacco nucleare, era dalla crisi dei missili di Cuba nel 1962 che un paese dotato di testate nucleari non annunciava apertamente un tale stato di maggiore prontezza al lancio. E così anche gli altri presidenti delle potenze nucleare pensano a rispolverare le loro valigette.
Russia
6.255
USA
5.550
Cina
350
Francia
290
UK
225
Pakistan
165
India
156
Israele
90
Corea del Nord
40-50
Fonte: SIPRI Yearbook 2021
Oggi i paesi che appartengono al cosiddetto club del nucleare sono nove per un totale di 13.080 testate nucleari in loro possesso. Il 90% delle quali è in mano a Stati Uniti e Russia. Mosca ha il più grande arsenale atomico al mondo: 6255 testate (comprese quelle in attesa di essere smantellate), di cui 1558 montate sui diversi vettori, quindi immediatamente utilizzabili. Mentre Washington si ferma a 5550 (di cui una settantina in Italia tra le basi di Aviano e Ghedi) ma ne ha 1644 già dispiegate.
Non bisogna però pensare che la questione nucleare continui a riguardare solo le due superpotenze storiche: circa un anno fa i satelliti americani hanno scoperto che la Cina stava costruendo più di 200 silos per missili, e si p revede quindi che già l'anno prossimo l'arsenale nucleare cinese possa raggiungere il migliaio di ordigni. Una crescita che potrebbe innescare una corsa al riarmo dell'India (ora 156 atomiche), che causerebbe a catena quella del Pakistan (165).
Il 90% delle testate nucleari mondiali è in mano a Stati Uniti e Russia
Fonte: FAS - Federation of American Scientists
*Scorte militari: testate attive e inattive in custodia delle forze armate
Secondo le stime dell'Istituto Internazionale di ricerca sulla Pace, complice la guerra in Ucraina, il numero globale di armi nucleari nel mondo potrebbe tornare ad aumentare. Dopo 35 anni di declino. Dal vertice di Reykjavik del 1986, in cui Reagan e Gorbaciov concordarono che “una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta”, il numero di testate nucleari nelle scorte militari mondiali era infatti progressivamente calato di circa un settimo.
Ma già prima dell’invasione dell’Ucraina questo processo di disarmo nucleare era in crisi nelle sue fondamenta. Nel 2002 gli USA sono usciti dal trattato sul bando dei missili anti-missili strategici firmato nel 1972. Cinque anni più tardi la reazione di Mosca con la sospensione del trattato del 1990 sulle forze convenzionali in Europa. Con Trump poi il colpo di grazia: ritiro degli Stati Uniti dagli accordi del 1987 sulla riduzione delle forze nucleari di media gittata. Resta quindi in vita solo il trattato New Start che riduce a 1.550 per parte le testate strategiche dispiegate. Ma il deteriorato rapporto tra Mosca e Washington, che già nel 2021 aveva portato a un rinnovo del trattato a soli due giorni dalla sua scadenza, rende attualmente poco rosee le prospettive di un ulteriore rinnovo tra quattro anni.
Il numero globale di armi nucleari nel mondo potrebbe tornare ad aumentare
Di fronte a questo progressivo smantellamento, poco conta l’approvazione da parte delle Nazioni Unite e l’entrata in vigore del “Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons” con cui si proibisce lo sviluppo, la produzione, il possesso e l’uso di armi nucleari. Anche perché tra i firmatari ci sono solo quattro delle venti economie più ricche al mondo.
Su 195 stati potenziali firmatari, solo il 44% ha firmato il trattato
NAZIONI
POPOLAZIONI
Afghanistan, Albania, Andorra, Argentina, Armenia, Australia, Azerbaijan, Bahamas, Bahrain, Barbados, Belarus, Belgium, Bhutan, Bosnia and Herzegovina, Bulgaria, Burkina Faso, Burundi, ameroon, Canada, Chad, China, Croatia, Cyprus, Czech Republic, Denmark, Djibouti, Egypt, Equatorial Guinea, Eritrea, Estonia, Swaziland, Ethiopia, Finland, France, Gabon, Georgia, Germany, Greece, Guinea, Haiti, Hungary, Iceland, India, Iran, Iraq, Israel, Italy, Japan, Jordan, Kenya, Kuwait, Kyrgyzstan, Latvia, Lebanon, Liberia, Lithuania, Luxembourg, Mali, Marshall Islands, Mauritania, Mauritius, Micronesia, Moldova, Monaco, Montenegro, Morocco, Netherlands, North Korea, North Macedonia, Norway, Oman, Pakistan, Papua New Guinea, Poland, Portugal, Qatar, Romania, Russia, Rwanda, Saudi Arabia, Senegal, Serbia, Sierra Leone, Singapore, Slovakia, Slovenia, Solomon Islands, Somalia, South Korea, South Sudan, Spain, Sri Lanka, Suriname, Sweden, Switzerland, Syria, Tajikistan, Tonga, Tunisia, Turkey, Turkmenistan, Uganda, Ukraine, United Arab Emirates, United Kingdom, United States of America, Uzbekistan, Yemen, Algeria, Angola, Antigua and Barbuda, Austria, Bangladesh, Belize, Benin, Bolivia, Botswana, Brazil, Brunei, Côte d'Ivoire, Cabo Verde, Cambodia, Central African Republic, Chile, Colombia, Comoros, Congo , Costa Rica, Cuba, Democratic Republic of the Congo, Dominica, Dominican Republic, Ecuador, El Salvador, Fiji, Gambia, Ghana, Grenada, Guatemala, Guinea-Bissau, Guyana, Holy See, Honduras, Indonesia, Ireland, Jamaica, Kazakhstan, Kiribati, Laos, Lesotho, Libya, Liechtenstein, Madagascar, Malawi, Malaysia, Maldives, Malta, Mexico, Mozambique, Myanmar, Namibia, Nauru, Nepal, New Zealand, Nicaragua, Niger, Nigeria, Palau, Palestine State, Panama, Paraguay, Peru, Philippines, Saint Kitts and Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent and the Grenadines, Samoa, San Marino, Sao Tome and Principe, Seychelles, South Africa, Sudan, Tanzania, Thailand, Timor-Leste, Togo, Trinidad and Tobago, Tuvalu, Uruguay, Vanuatu, Venezuela, Vietnam, Zambia, Zimbabwe.
Fonte: ICAN - International Campaign to Abolish Nuclear Weapons
Fonte: Complicit: 2020 global nuclear weapons spending - ICAN
Il nuovo intensificarsi della minaccia nucleare si tradurrà in un’ulteriore crescita delle spese per mantenere modernizzare e accrescere il proprio arsenale atomico. Già nel 2020, nonostante la pandemia, i nove Stati dotati di armi nucleari hanno speso 1,4 miliardi di dollari in più rispetto all’anno precedente, per un totale di più di 72 miliardi di dollari.
A guidare questa classifica troviamo gli Stati Uniti con un totale di 37 miliardi di dollari spesi, pari al 5% della propria spesa militare totale. A riprova dei forti investimenti cinesi per provare a colmare il gap con le altri grandi potenze, in seconda posizione troviamo la Cina e non la Russia nonostante quest’ultima abbia l’arsenale nucleare più grande al mondo. La quota di spesa di Mosca sul totale del budget militare nazionale ammonta però al 13%: più di quelle di USA e Cina sommate insieme (9%). Con questi fondi la Russia ha migliorato negli ultimi anni sia i sistemi di lancio via terra (sette divisioni missilistiche su nove sono state riarmate con missili più moderni), sia i sottomarini nucleari (quattro su undici sono stati sostituiti).
Le armi nucleari sono controllate dai governi, ma le operazioni di produzione e sviluppo degli ordigni sono in parte appaltate a un paio di dozzine di società private che hanno ricevuto 27,7 miliardi di dollari nel 2020, attraverso contratti esistenti o nuovi. Circa 160 banche nel mondo hanno finanziato e/o investito in attività (non per forza legate al nucleare) di queste compagnie. Secondo quanto emerge dalle ricerche di ICAN, la campagna internazionale per l'abolizione delle armi nucleari che ha vinto il premio Nobel per la pace nel 2017, tra queste banche vi sarebbero anche nomi di primo piano del panorama italiano.
Fonte: Perilous Profiteering 2021
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Fonte: Complicit: 2020 global nuclear weapons spending - ICAN