A cura di Alberto Guidi
Dal 1965 al 2020 l’energia ricavata da fonti a basse emissioni di carbonio è cresciuta lentamente, con archi temporali in cui non si osservano importanti margini di aumento.
Una crescita lenta, che appare non sufficiente alle attuali ambizioni dell’Europa verso la transizione verde.
Calcola il percorso necessario per la Transizione Verde!
Fonte: Our World in Data based on BP Statistical Review of World Energy (2020)
L’Unione Europea ambisce a essere il modello di riferimento globale nella lotta al cambiamento climatico. Un ruolo messo
però in crisi dalle difficoltà nel mediare tra le diverse
sensibilità degli Stati membri in tema di transizione verde.
A cui si è ora aggiunta la sfida dell’indipendenza energetica dalla Russia. La transizione verde per il Vecchio Continente
sembra quindi non poi così vicina nonostante obiettivi molto ambiziosi.
Nel 2020 la quota di energia da fonti a bassa emissione
di carbonio è ancora
pari al 28,7%.
Ma quali e quante sono queste fonti?
Fonte: Our World in Data based on BP Statistical Review of World Energy (2020)
Nell’ultimo ventennio, il peso dei combustibili fossili
nel mix energetico europeo è diminuito.
Ma non poi
di così tanto.
Il petrolio è passato da una quota
del 42% nel 2000
a quella attuale del 34%. Il carbone
dal 18% al 12%, ma durante il 2021, la produzione di energia dal carbone in Europa è aumentata per la prima volta dopo
un decennio.
Mentre il gas è diventato ancora più centrale
nel consumo energetico europeo con un incremento
di 6 punti percentuali.
A confronto le rinnovabili sono cresciute del doppio.
Ma per poter raggiungere l’obiettivo stabilito
dalla Commissione Europea, del 45% di energia da fonti rinnovabili entro il 2030, il loro peso dovrebbe crescere
di altri 12 punti percentuali. Questa volta la crescita
dovrebbe però avvenire
in quasi un terzo del tempo:
8 anni invece che 22.
L’Ue si è posta come obiettivo il raggiungimento
della neutralità climatica entro il 2050. Come passo intermedio verso questo target, la Commissione ha proposto di ridurre
le emissioni comunitarie di almeno il 55% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2030. E per allineare la normativa dell’Unione a questa ambizione ha presentato una serie
di misure che compongono il pacchetto legislativo
“Fit for 55”, in discussione in queste settimane al Parlamento europeo.
Ma tra gli europarlamentari le divisioni sono state evidenti tanto che non è stato trovato un accordo sulla riforma del sistema di scambio delle emissioni di CO2. Ed è stato sospeso il voto finale sui disegni legati a questo dossier: la creazione
di un fondo sociale climatico e l’introduzione di una carbon tax su alcuni prodotti in arrivo da paesi extracomunitari.
Tuttavia, è stata approvata senza emendamenti la
proposta di vietare la vendita di veicoli con motore termico
a partire dal 2035. Prima di diventare legge dovrà però ottenere il voto unanime di tutti i 27 Stati membri al Consiglio europeo. Un risultato che non sarà scontato visto il peso dell’automotive sul PIL e l’occupazione di alcuni paesi europei. Insomma, già prima della crisi energetica causata dalla guerra in Ucraina, la transizione verde europea non appariva come un percorso privo di ostacoli.
Questo grafico mostra la proposta REPowerEU dell’Europa per sostituire i 155 miliardi di metri cubi di gas che provengono dalla Russia. Si può notare bene che più di un terzo del gas verrà sostituito con altro gas (6o miliardi di metri cubi) contro soli 20 forniti da rinnovabili.
Fonte: Proposta REPowerEU (2022)
La Russia è il principale fornitore europeo di petrolio, gas
e carbone. Porre fine a due terzi di questa dipendenza nel giro di un anno, e completamente entro il 2027 non è quindi un processo semplice. E comporta costi evidenti che vanno oltre
i 210 miliardi di euro stimati dalla Commissione per liberarsi dal ricatto energetico di Mosca entro i prossimi cinque anni.
I tagli delle forniture di gas all’Europa fatti da Gazprom
in queste settimane, così come le decisioni europee di porre
un embargo su carbone e petrolio russo creano innanzitutto rischi per la sicurezza energetica europea per i prossimi inverni.
Per cui almeno nel breve periodo, nella scelta tra indipendenza energetica e transizione verde, molti Stati membri sembrano aver optato per la prima opzione: ritardando i piani di chiusura delle proprie centrali a carbone e puntando più sul gas che sulle rinnovabili per sostituire i flussi da Mosca.
Nonostante il prezzo del gas sia aumentato di sei volte nell’ultimo anno. Durante il quale anche il prezzo del greggio è cresciuto da 70 dollari per barile di Brent ai 120 attuali. Traducendosi poi in un caro bollette e in prezzi del carburante da record che inevitabilmente influenzeranno il supporto dei cittadini europei per la transizione verde. Ma non per forza in positivo, considerate le diffuse preoccupazioni di un ridotto potere di acquisto a causa delle politiche climatiche.