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Imprese digitali

Il cloud spinge l’adozione di tecnologie nelle aziende italiane. Così il digitale entra in fabbrica: i dati, i settori e i casi d’eccellenza
di Luca Orlando ● 21 giugno 2022
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Decimi. Non certo un primato, in una classifica che conta 28 posizioni. Eppure si tratta di un balzo non indifferente, con l’Italia a recuperare ben 12 piazze nella classifica europea dell’integrazione di soluzioni digitali. È il misuratore più completo del grado di utilizzo delle nuove tecnologie nelle aziende, con un ruolo determinante svolto dalle Pmi.

Se infatti nella media europea, un livello di base nell’adozione di tecnologie digitali è raggiunto da sei aziende su dieci, per le Pmi italiane la percentuale sale ad un più robusto 69%.

A pesare nell’indice Desi (Digital Economy and Society Index) è certo un aspetto puramente amministrativo, il progresso della fatturazione elettronica (diffusa nel 95% delle imprese italiane contro il 32% della media europea) ma in realtà la crescita è legata a qualcosa di più pervasivo come l’utilizzo delle tecnologie cloud, dove l’Italia raggiunge un non disprezzabile 38%, 12 punti oltre la media continentale per il cloud di media sofisticazione, mentre se si parla di livello “basic” l’Italia è al 60%, 19 punti oltre la media Ue.

Sono i primi risultati di un percorso che ha visto un avvio robusto e non episodico solo in tempi recenti. Perché soltanto a partire dal 2017, dal varo del piano Industria 4.0, la digitalizzazione è entrata con forza nei piani di investimento delle aziende. Prime quelle di stazza maggiore, poi progressivamente anche nell’universo delle Pmi. Connessione dei processi all’interno delle fabbriche a cui si è aggiunto l’inserimento di intelligenza nei prodotti, mentre in parallelo, seppure con qualche fatica, inizia a crescere anche la quota di vendite realizzata online.

Imprese che utilizzano servizi di cloud computing

Percentuale di imprese, 2021

Servizi di cloud computing

Valori percentuali sul totale delle imprese con almeno 10 addetti, 2021

Dai dati Eurostat si evince comunque come il gap rispetto alle migliori esperienze sia ampio. Nella quota di ricavi realizzata attraverso commercio elettronico, nell’utilizzo di Intelligenza artificiale, o dei big data l’Italia si posiziona infatti al di sotto della media europea, distante a maggior ragione dalle esperienze più avanzate. Medie italiane chiaramente frenate dalle Pmi, che statisticamente hanno nel nostro paese un peso maggiore.

Le rilevazioni Istat sulla digitalizzazione per classe dimensionale evidenziano in effetti l’esistenza di una correlazione molto forte tra stazza e maturità tecnologica, con distanze non banali su tutti i parametri considerati. Prendendo in esame 12 diversi indicatori (Iot, cloud, vendite web ecc...) si scopre infatti come in media le aziende di oltre 250 dipendenti abbiano una dotazione digitale quasi doppia (+70%) rispetto alla fascia di aziende tra 10 e 49 addetti.

Le distanze maggiori si trovano nell’adozione di sistemi di Intelligenza artificiale (dal 5% dei “piccoli” al 24% dei “big”), così come nel fatturato realizzato online: solo 12 Pmi tra 10 e 49 addetti realizzano online oltre l’1% dei propri ricavi, a riuscirci è invece il 34% delle aziende maggiori.

Medie che tuttavia nascondono evidentemente percorsi differenti ed in effetti è sempre più frequente incontrare Pmi che mostrano di aver avviato un percorso convinto verso la digitalizzazione. Esempi visibili nei vari settori dell’economia.

Imprese che utilizzano tecnologie di intelligenza artificiale

Percentuale di imprese, 2021

Imprese che utilizzano software o sistemi di Intelligenza Artificiale specifici e finalità

Valori percentuali sul totale delle imprese con almeno 10 addetti ove non altrimenti specificato, 2021

Nuova sezione

Iot nella meccanica

Se in passato a fare la differenza nel settore delle valvole era la capacità di gestire al meglio “l'hardware”, cioè il funzionamento di parti meccaniche, azionamenti e chiusure, adesso è l'ora del software. Con la nuova frontiera rappresentata dalla quantità e qualità dell'intelligenza portata a bordo degli oggetti.

È la motivazione di base che determina la scelta di Cimberio, Pmi novarese che per imboccare con forza la strada Iot ha deciso di rilevare una start up. Investimento da oltre due milioni per il controllo di Enersem, spin off del Politecnico di Milano nato nel 2016, impegnato nelle applicazioni Iot nel campo dell'energia.

«Da anni lavoriamo nella connessione degli oggetti - spiega Roberto Cimberio, terza generazione imprenditoriale - ma quello che ci mancava era un sistema per integrare e utilizzare al meglio le informazioni raccolte, e parliamo di 120 parametri, in modo da impostare per ciascun impianto la migliore strategia di risparmio energetico e ottimizzazione dei consumi».

Valvole già in partenza sofisticate, oggetti hi-tech del valore unitario di un migliaio di euro che ora verranno fatti dialogare da Enersem, registrando dati e regolando il funzionamento in tempo reale anche sulla base dell'apprendimento raggiunto analizzando i processi produttivi.

«Nelle prime applicazioni effettuate - spiega Cimberio - il sistema progettato arriva a ridurre i consumi in modo significativo, noi stessi l'abbiamo adottato in un nostro magazzino e l'investimento si è ripagato in meno di due anni. È chiaro che in un contesto di prezzi dell'energia come quello attuale il momento è quanto mai propizio».

L'investimento di Cimberio, 64 milioni di ricavi e 190 addetti, è realizzato interamente con risorse proprie, come da tradizione consolidata per un'azienda che alla voce “debiti verso banche” da sempre presenta la cifra zero.

Imprese che utilizzano dispositivi IoT

Percentuale di imprese, 2021

Internet delle cose - IoT

Valori percentuali sul totale delle imprese con almeno 10 addetti ove non altrimenti specificato, 2021

Altro caso interessante è Poggipolini, Pmi emiliana che ha deciso di portare intelligenza a bordo dei propri oggetti, viti al titanio ipersofisticate dirette a più settori, tra cui quello aeronautico. L’azienda meccanica ha inoltre varato da poco un’allenza con un produttore italiano di stampanti 3D per superleghe e materiali speciali (Roboze), abbracciando quindi un’altra delle tecnologie chiave di industria 4.0. Come racconta in questo podcast l’ad dell’azienda, Michele Poggipolini.

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Il cobot entra in fabbrica

Quanta colla? In passato la scelta era affidata all’operatore, che sulla base dell’esperienza spalmava un sottile strato di prodotto sul prezioso schienale in fibra di carbonio e materiale composito, piano che deve unirsi in modo perfetto all’imbottitura.

Le richieste dei clienti sono però ora sempre più sfidanti e così Sabelt, pmi torinese tra i leader globali nei sedili e nelle cinture hi-tech per auto, ha deciso di smarcarsi dalla variabilità individuale per affidarsi al mondo digitale. Sulla linea di assemblaggio di un cliente top è infatti presente ora un cobot, robot collaborativo che applica per ogni sedile una quantità predefinita di mastice, erogato in tempi e modalità prestabilita, normalizzando il flusso ed eliminando ogni possibile errore.

Scelta non isolata all’interno dell’azienda, ma che si inserisce in un percorso più ampio, che include ad esempio l’adozione di esoscheletri per le operazioni manuali più ripetitive, così come l’inserimenti di stampanti 3D per la realizzazioni di prototipi o veri e propri pezzi finiti, in modo da accelerare il time to market utilizzando anche le ore notturne per portare avanti la produzione.

Ma la digitalizzazione, come racconta in questo podcast il vicepresidente Massimiliano Marsjai, è anche l’unica strada per mantenere quote di mercato in un settore ipercompetitivo come quello dell’auto.

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I vantaggi della saldatura “connessa”

«Dicevano: vedrete che falliranno, hanno fatto il passo più lungo della gamba». E invece no. Miriam Gualini è alla guida dell'azienda di famiglia, ancora in pista nonostante la sfiducia dei concorrenti dopo quel maxi-acquisto del 1995, uno dei laser industriali da carpenteria più grandi d'Europa (due miliardi di lire investiti), certo non uno standard per una Pmi che a quei tempi fatturava una manciata di miliardi delle vecchie lire.

E tuttavia, la storia di Gualini Lamiere International di Bolgare (Bergamo), dimostra che investimenti e upgrade dei processi non sono appannaggio esclusivo delle grandi aziende. E i percorsi 4.0 non fanno eccezione. La disponibilità dei dati è un primo mattone su cui Gualini ha costruito molto altro, digitalizzando ad esempio la logistica. L'upgrade è stato effettuato dotando ciascun prodotto di un bar code, mentre in parallelo l'intera area aziendale veniva mappata e suddivisa in celle di carico e scarico.

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Le pillole digitali per le pmi sono prodotte per Aruba.it

Gli operatori, dotati di un mini-computer da polso, possono così dialogare in tempo reale con il sistema logistico per effettuare le missioni di spostamento, minimizzando errori e ritardi. Anche i processi produttivi sono stati interessati dalla digitalizzazione, grazie all'utilizzo di una rete wi-fi per far “parlare” l'ufficio di programmazione con i reparti. L'operazione più delicata è la saldatura, che ora è diventata “4.0”.

L'interconnessione è ad esempio vitale nei momenti di cambio-turno (in azienda sono tre), consentendo all'operatore subentrante di procedere nel lavoro usando gli stessi parametri del collega che termina il proprio orario. Mentre le eventuali saldature anomale sono bloccate da un sistema di allarme, evitando così che il difetto proceda lungo il processo. I dati, inoltre, sono registrati e accoppiati al prodotto, lo seguiranno nel book di certificazione consegnato al cliente.

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Con il digitale Davide può ancora battere Golia

Come possiamo fare meglio? La risposta di Rold, componentista di materie plastiche (esempio i bloccaporte per lavatrici) alle porte di Milano, è stata quella di dotarsi di nuovi strumenti di controllo del processo produttivo, a ciclo continuo. Monitoraggio a bordo linea talmente innovativo e performante da convincere persino il colosso Electrolux ad adottarlo.

Commessa minima in termini economici ma di grande significato, rappresentando per Rold una sorta di rivoluzione copernicana, con la Pmi milanese che da fornitore di componentistica si trasforma in partner tecnologico.

Il colosso svedese ha infatti deciso di applicare nel proprio sito di Solaro, alle porte di Milano, il sistema Smartfab progettato dalla Pmi, un monitoraggio dei macchinari di produzione in grado di dialogare direttamente con gli addetti al controllo, segnalando in tempo reale performance ed eventuali anomalie.

Una sorta di “app” che utilizza maxi-schermi touch e dispositivi smartwatch, già testato con successo da Rold sulle proprie linee: grazie alle informazioni prodotte dal sistema, le azioni correttive innescate hanno infatti permesso di migliorare la produttività fino al 10%. Ecco in questo podcast il racconto di Laura Rocchitelli, presidente e Ceo di Rold.

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Ricette che viaggiano sul web

Per MyCookingBox, start up che propone ricette “pronte” all’uso, spedendo scatole già comprensive di tutti gli ingredienti, il web ha rappresentato la leva principale dello sviluppo. Dopo un avvio “fisico”, il canale online è stato infatti il trampolino per lo sviluppo, sia in Italia che all’estero.

Oggi, in un momento in cui l’azienda punta al raddoppio dei ricavi entro fine 2022 (da due a 4 milioni di euro), il canale web vale più della metà del totale. Come racconta in questo podcast Chiara Rota, fondatrice di MyCookingBox.

Fatturato da e-sales, per tipologia di ordine

Percentuale del fatturato totale, 2020

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Il mondo nuovo

Se da un lato vi sono Pmi che approfittano delle nuove tecnologie per fare evolvere i propri modelli di business e rafforzare la propria competitività internazionale, esiste un’altra categoria di Pmi in grado di trarre evidente beneficio da questa evoluzione. Si tratta dalla platea, ogni giorno più ampia, di start up e aziende innovative che offrono servizi, applicazioni e prodotti in questo settore, un nuovo indotto che si aggancia in modo diretto alla diffusione della digitalizzazione.

Tra produttori di stampanti o polveri 3D, integratori di processi per la connessione delle macchine in retrofit, fornitori di software o di sistemi di tracciamento Rfid. O ancora, realtà che lavorano a soluzioni Fintech (lo sconto dinamico, la piattaforma di cessione dei crediti) o che sviluppano algoritmi di intelligenza artificiale.

Un esempio nitido in questo senso è la lombarda Mipu, nata nel 2012 per iniziativa di Giulia Baccarin e impegnata nella manutenzione predittiva. Oggi l’azienda ha una settantina di addetti, altri 43 entreranno entro fine 2023, i ricavi 2022 sono in rotta per i dieci milioni di euro, uno scatto a doppia cifra che prosegue anno dopo anno.

Grazie ad applicazioni che puntano a dotare i clienti di nuovi strumenti previsivi, ad esempio per abbattere i consumi di energia, oppure prevedere le onde di piena e calibrare al meglio il funzionamento di un impianto idroelettrico, o ancora fermare una macchina per tempo grazie all’analisi delle vibrazioni (è accaduto di recente ad una industria farmaceutica) prima che un cuscinetto usurato potesse generare un costoso stop produttivo.

Lavoro aggiuntivo c’è inoltre per chi opera nel mondo 3D. Roboze, produttore di stampanti per materiali compositi e superplastiche basato a Bari ma con ricavi che quasi interamente sono realizzati grazie a clienti internazionali, sta sperimentando una crescita della domanda legata ad un fenomeno nuovo. Non più e non solo clienti che intendono realizzare prototipi o pezzi finiti per uso proprio ma anche partner che offrono una sorta di magazzino virtuale, soggetti che rendono disponibile la capacità produttiva delle macchine per realizzare pezzi ad hoc. Il cliente finale, invece di preoccuparsi di logistica e capitale circolante, può così gestire la produzione on demand, spedendo semplicemente un file per la produzione dell’oggetto richiesto.

Solo due esempi, di un universo ampio che trae ogni giorno nuova linfa dal basso, perché l'area allargata dell'Ict si conferma terreno fertile per la crescita di nuove iniziative, come evidenzia l'ultimo monitoraggio effettuato da Infocamere insieme ad Anitec-Assinform, associazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende del settore.

Progresso visibile nei numeri, con l'Ict a sfiorare le 7.800 unità (+16,3% rispetto al periodo pre-Covid), il 49% del totale delle start up e Pmi innovative. Con le crescite maggiori visibili proprio nello sviluppo della digitalizzazione: tra intelligenza artificiale, blockchain, cybersecurity, e digital solutions.

I 12 indicatori che compongono il Digital Index per classi di addetti

Dati in percentuale, 2021

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