di Marta Casadei e Michela Finizio
La Qualità della vita è la dimensione del benessere che più impatta sulla percezione soggettiva. La soddisfazione personale verso il contesto urbano in cui si vive, non sempre allineata alle performance rilevate dagli indicatori statistici, nelle province di Trento e Bolzano si sposa perfettamente con i risultati della 36esima edizione dell’indagine del Sole 24 Ore che incorona questi territori in cima alla classifica.
È proprio nelle due province autonome che, secondo l’ultima rilevazione Istat sugli «Aspetti della vita quotidiana» (pubblicata a maggio 2025) si rileva il più elevato livello di soddisfazione per la vita espresso dal 61,9% dei cittadini.
Con la leadership di Trento e Bolzano, incoronate dall’edizione 2025 della Qualità della vita tra le 107 province italiane esaminate, per una volta la percezione soggettiva coincide dunque con i dati frutto di monitoraggi empirici: sono 90 gli indicatori statistici utilizzati, forniti alla redazione da fonti certificate, che misurano il benessere nei territori italiani.
In particolare per il Trentino si tratta di una convalida: la provincia autonoma, che sale di un gradino e arriva al primo posto, quest’anno ha già vinto due tappe intermedie con indici tematici che contribuiscono a dare forma alla classifica di fine anno: l’Indice della sportività ed Ecosistema urbano, pubblicati sul Sole 24 Ore tra settembre e ottobre scorso.
Il primato di Trento rappresenta anche un ritorno: il palmarès trentino, dal 1990 al 2024, conta due ori, tre medaglie d’argento e ben nove di bronzo.

Stringendo l’inquadratura sulle statistiche, il Trentino è uno dei più longevi e in salute: “batte” la media italiana in più della metà dei 134 indicatori considerati dal rapporto sul Benessere equo e sostenibile dell’Istat, molti dei quali inclusi tra i 90 della Qualità della vita. Perfino la percezione della sicurezza è elevata: sette persone su 10 camminerebbero da sole al buio.
Trento è la punta di un iceberg che poggia sulla solidità dell’arco alpino. Sul podio dell’edizione 2025, salgono anche Bolzano (già cinque volte prima, l’anno scorso era terza) e Udine, vincitrice dell’edizione 2023. Il territorio altoatesino viene spinto in seconda posizione dalle performance in «Affari e lavoro» e dai primati in alcuni importanti indicatori tra cui il quoziente di natalità (i nuovi nati ogni 1000 abitanti sono 8,4 contro i 6 della media nazionale). Udine, invece, è nella top 10 della classifica che misura la qualità di «Ambiente e servizi», terza per densità di impianti fotovoltaici.
La top 10 è tutta settentrionale e premia, come spesso accade nella “bilancia” dei 90 indicatori, piccole province come Bergamo (vincitrice nel 2024, ora al 5° posto), Treviso, Padova (che ritorna tra le teste di serie dopo 30 anni di assenza: era nona nel 1994) e Parma. E segna il ritorno all’apice della classifica generale anche delle grandi aree metropolitane come Bologna e Milano, rispettivamente al 4° e all’8° posto, in testa per «Demografia, società e salute», la prima e per «Ricchezza e consumi» e «Affari e lavoro» la seconda.
Nel complesso, le città metropolitane registrano un miglioramento rispetto all’edizione 2024: solo due su 14, Bari e Catania, calano di posizione rispetto all’indagine dell’anno scorso, mentre altre due (Firenze, 36ª, e Messina, 91ª)risultano stabili. La competitività di questi territori sul piano degli affari e del lavoro, ma anche l’attrattività su quello degli studi e dell’offerta culturale, contribuiscono dunque a mitigare la presenza di disuguaglianze accentuate che rende queste aree più esposte alla polarizzazione interna.
A guidare la risalita con un avanzamento di 13 posizioni è Roma, che si piazza 46ª, mentre Genova sale di 11 gradini arrivando al 43° posto. In miglioramento anche le già citate Bologna, che rimane tra le prime dieci ma a +5 sul 2024, e Milano (+4). Torino sale di una posizione (57ª) .
La prima area metropolitana del Mezzogiorno, inteso nella sua accezione più ampia che comprende anche le isole, è Cagliari, che sale di cinque posizioni e si piazza 39ª, seguita da Bari (67ª, ma in calo di due posizioni), Messina (91ª), Catania (96ª, in calo però di 13 posizioni), Palermo (97ª)e Napoli (104ª) e Reggio Calabria, ultima per il secondo anno consecutivo.
Se, come detto, il vertice della classifica è un buon mix tra piccole province e aree metropolitane del Nord, per individuare il primo territorio meridionale bisogna tornare al 39° posto di Cagliari.
Il dato conferma una spaccatura geografica che, in 36 edizioni della Qualità della vita, non ha accennato a sanarsi, nonostante i punti di forza del Sud nella demografia, nel clima, nel costo della vita decisamente più accessibile, e i fondi (inclusi quelli del Pnrr) che negli anni hanno contribuito a dare una spinta alle imprese e al Pil dei territori in questione: le ultime 22 classificate, infatti, continuano a essere province meridionali.
Negli ultimi due anni l’Italia fotografata dai trend della Qualità della vita - dati medi nazionali, messi a confronto con quelli dell’anno precedente - è stata un Paese prima in fase di stallo, apparentemente indeciso sul dove andare e non solo sul come farlo, e poi spaccata da disuguaglianze sempre più marcate.
Dall’edizione 2025 dell’indagine sul benessere nei territori, invece, emerge il ritratto di un Paese che ci prova e, su alcuni fronti, registra una serie di miglioramenti: nelle retribuzioni, nota dolente anche nel confronto europeo; nell’occupazione; nella sostenibilità. Dati che non bastano a sanare gap strutturali né a invertire dinamiche complesse e radicate, ma segnano un primo passo.
Le grandi sfide, di fatto, rimangono tali e quali: l’invecchiamento della popolazione pesa su economia e sistema sociale; le difficoltà economiche in un Paese che da sempre conta molto sulle esportazioni, avendo fatto del made in Italy il proprio fiore all’occhiello, non mancano in un contesto globale complicato dalle questioni geopolitiche. La fiducia nel futuro, inoltre, è scarsa: lo dimostra la scarsa propensione a fare figli.
La selezione dei dati esaminati - relativi alle indagini 2024 e al 2025, ciascuna delle quali utilizza dati il più possibile aggiornati - abbraccia tutte le categorie della Qualità della vita e punta a dare conto del cambiamento in corso sia a livello nazionale sia territoriale.
Nel giro di un anno sono migliorati alcuni degli indici legati alla ricchezza e al benessere economico degli italiani: le retribuzioni medie dei lavoratori dipendenti sono cresciute di 703 euro, passando da 20.328 a 21.032, con picchi di poco meno di 2.000 euro di aumento a Milano e, di contro, un calo a Vibo Valentia (ultima per variazione).
Nonostante - anche grazie all’assegno unico, introdotto nel 2022 e fotografato dall’Isee nel 2024 - sia calato il numero delle famiglie più povere (-7,5%), rimangono accesi i riflettori sulle forti disuguaglianze sociali, cui in parte è legato l’aumento delle denunce ogni 100mila abitanti (+51,6).
Quasi contestualmente, sempre con Milano in testa, è salito lievemente anche il valore aggiunto pro capite, passato da una stima dei 33.500 euro della Qualità della vita del 2024 ai 34.400 dell’indagine pubblicata in queste pagine.
Gli indicatori puramente economici e industriali, tuttavia, non raccontano una storia completamente positiva complice il momento complicato: pur a fronte di un lieve aumento dell’occupazione, le ore di cassa integrazione autorizzata sono salite del +22,8% rispetto a quanto rilevato un anno prima e sono calate le start up innovative (-0,6 ogni mille società di capitale al 30 settembre 2025).
Sotto il peso del rallentamento di alcuni settori economici importanti, il Paese sta soffrendo un calo della quota export in rapporto al Pil (-4,9%). La vitalità imprenditoriale, poi, è pressoché a quota zero sia in termini di nuove iscrizioni sia di cessazioni, rivelando un immobilismo in linea con gli anni scorsi.
Immobilismo che si ritrova sul piano culturale (l’offerta è in calo, nonostante la spesa dei Comuni vada nella direzione opposta) e nei tempi della giustizia, con la durata media dei procedimenti civili che si allunga di oltre 8 giorni - superando i 1.000 a Vibo Valentia - anche a fronte di una litigiosità in netto calo (-346 cause civili ogni 100mila abitanti).
L’Italia, poi, rimane un “paese per vecchi” con la natalità ferma (i nuovi nati ogni mille abitanti sono a -0,2 con cali più severi al Nord) e il rapporto tra anziani e giovani, decisivo per comprendere l’insostenibilità del modello Italia, è in continuo aumento.
Su alcuni fronti, però, la proiezione verso il futuro (in questo caso un domani più sostenibile) comincia a tratteggiarsi: aumenta, seppur di poco (+1,8%), l’ impiego di energia da fonti rinnovabili, mentre fa un balzo in avanti la densità degli impianti fotovoltaici (in aumento di 42,2 unità ogni 10 kmq).